I canoni di bellezza del Giappone oggi

Il Giappone moderno è uno turbinio di mode, fantasie e contaminazioni che oggi sfrecciano veloci come i tanti pedoni di Hachikō, il grande incrocio di Shibuya. Non si fa in tempo a seguire una moda che già è parte del passato o sbriciolata in mille sottogeneri della cultura metropolitana.
Le immense metropoli giapponesi, Tōkyō in primis, divorano tutto e tutti, spazi e persone, idee e sogni, profumi e sapori, per rimetterli al mondo con una nuova linfa vitale.

Le gote colorate, un eyeliner più intenso per dare profondità agli occhi, poi meno, rossetto chiaro poi scuro, forse entrambi, forse niente. Si dice che la bellezza è negli occhi di chi guarda, e i giapponesi osservano, sempre. Riservatamente, sobriamente, educatamente.

Le strade giapponesi si tingono della serietà monocromatica di lavoratori pendolari che affollano i treni stipati come sardine, ma che possono diventano un arcobaleno che sboccia nei momenti di svago.

E la bellezza?

Fonte: my kyoto photography Facebook page

Salverà il mondo diceva Dostoevskij nel suo capolavoro “L’idiota”.
Ma cosa ne è rimasto dell’antico Giappone oggi? Dei canoni di bellezza classici del periodo Edo di cui avevamo parlato? Dell’oshiori, dell’haguro, dell’hikimayu e gli altri usi dell’antico Sol Levante? Tutto e nulla.

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” diceva il famoso chimico, biologo, filosofo del ‘700 Antoine-Laurent Lavoisier (va bene, la smetto con le citazioni…). Così i canoni della bellezza in Giappone si sono trasformati, spesso influenzati dall’occidente, un tempo spiffero d’aria oggi forte brezza.

Il cambiamento era inevitabile e in qualche modo insito nell’animo del Giappone. Già la Cina aveva profondamento influenzato ogni ambito della cultura giapponese (e dell’Asia intera) nell’antichità fino alla grande chiusura del Giappone, il sakoku 鎖国さこく, durante lo shogunato Tokugawa (1603-1868 D.C.) nel periodo Edo.
Così dalla riapertura verso l’estero del periodo Meiji, l’occidente si è lentamente infiltrato nella cultura e nella società nipponica, influenzando cucina, arte, politica e non ultima la concezione del bello.
La sconfitta nel secondo conflitto mondiale ha fatto poi da apripista a una vera e propria invasione occidentale. Se da una parte ha trovato terreno fertile, dall’altra ha avuto la giusta resistenza che ha permesso di reinterpretare i dogmi dei venti occidentali.

Alcuni canoni di bellezza odierni sono certamente nostri figli ma altri hanno una chiara matrice nipponica, sempre pronta a sorprende i suoi figli e noi, suoi amanti.

La pelle in Giappone

Argomento particolare da trattare in merito alla bellezza è il trattamento della pelle.
La donna giapponese la cura maniacalmente, e un po’ grazie alle numerose creme e lozioni, un po’ per i favori della genetica, riesce spesso a ingannare finanche il tempo che passa, almeno apparentemente.

Ombrellone estivo

State ancora sgomitando per un posticino sulla spiaggia o già immaginate la prossima vacanza caraibica (o magari Ostia lido)? Pronti a mostrare la tanto sudata tintarella guadagnata a colpi di lettino abbronzante o vacili di crema solare? In Giappone no, non avreste questo problema.

Possibile riminiscenza dell’antico oshiroi, la donna giapponese rifugge dall’abbronzatura e intende mantenere la pelle bianca. Se l’occidentale medio usa l’ombrello unicamente per ripararsi dalla pioggia, in Giappone è un accessorio da sfoggiare nelle più afose giornate estive per difendersi dal solleone. Ancor meglio se ben muniti di cappellino e lunghi guanti.

Il giappone non è però nuovo a questo uso dell’ombrello, già anticamente le donne in kimono utilizzavano il wagasa 和傘わがさ per proteggersi dal sole.

Wagasa – fonte: Tutti i diritti riservati a Robbie Ohlhauser

Questa usanza invero esisteva anche qui in occidente nell’800, dove le dame utilizzavano appunto ombrelli e guanti per proteggere la pelle dai raggi solari. La motivazione era chiara (scusate il gioco di parole): differenziarsi dalle umili lavoratrici che passavano le loro giornate a lavorare sotto il sole nei campi.

In Giappone è possibile trovare ombrelli anti UV, cappelli di ogni tipo, guanti, creme solari e persino protezioni per le mani nei manubri delle bici.

Bicicletta con protezione per le mani – fonte: thejapans.org

Mantenere la pelle bianca e priva di segni è poi fondamentale per la salute del derma stesso, toccasana per la prevenzione di malattie come il melanoma.

Tengo però a precisare che tutto cambia e, rispetto a una ventina di anni fa, anche il Giappone comincia a sentire l’influsso dell’occidente. Ad oggi le spiagge con ragazze in cerca di tintarella sono comunque assai meno comuni di quei carnai occidentali dove si sgomita per un raggio di sole in più.

Ganguro ガングロ

A tal proposito tengo a ricordare una particolare moda partorita dall’eccentrica Tokyo di fine anni ’90, le ragazze ganguro ガングロ.
In contrapposizione con lo stereotipo di bellezza tradizionale, le ganguro erano iper abbronzate con makeup chiaro o color arancio e con vestiti super colorati, appariscenti e, nei casi più etremi (le yamanba), con rossetti bianchi e tinte forti per creare ancor maggiore contrasto. Questa moda era anche in uso tra i ragazzi e con il tempo è sparita soppiantata da nuove tendenze.

Twitter @gangarujp

La depilazione

Altro elemento fondamentale per i canoni di bellezza giapponesi, è la depilazione, o in giapponese datsumō 脱毛だつもう.
Una donna con con peluria nelle braccia (e nelle gambe come anche in occidente) è considerata poco attraente, è quasi suo “dovere” provvedere alla rasatura. La rimozione dei peli dagli arti è una vera e propria regola non scritta, spesso accompagnata da scrub e pratiche per rendere la pelle sempre chiara e morbida al tatto (Korea docet).

Le pubblicità di centri dedicati all’epilazione, creme depilatorie e marchingegni tecnologici all’ultimo grido per una super depilazione riempiono le strade e i vagoni dei treni.

Pubblicità depilazione – fonte: blog.goo.ne.jp

Quindi, no. In Giappone non vale il detto “donna baffuta è sempre piaciuta”.

Gli occhi

Anche gli occhi hanno dei canoni di bellezza precisi, forme e dettagli ricercati non solo dai giapponesi ma dalle donne in tutto l’estremo oriente. Sotto la probabile influenza dei mass media occidentali le donne giapponesi anelano a due principali caratteristiche nei propri occhi: dekame デカ e futae 二重ふたえ.

Che occhi grandi che hai! Dekame – デカ

Diceva il pericoloso lupo cattivo all’ ignara cappuccetto rosso; in Giappone questo rappresenta uno dei complimenti più ricercati. Cartelloni pubblicitari e spot televisivi hanno spesso come protagoniste donne dagli occhi grandi, questi ultimi chiamati dekame, letteralmente “occhi grandi“.
Questo peculiarità è possibilmente nata sia dalla ricerca di una forma simile agli occhi occidentali, che dagli stereotipi creati negli ultimi decenni dalle mode. Un altro fattore da prendere in considerazione sono i manga/anime giapponesi, popolarissimi e amatissimi in patria (e non solo), che hanno spinto lo stereotipo degli occhi grandi.

Questo stereotipo lo si nota anche nelle cabine purikura. Cosa sono? Si tratta di colorate cabine fotografiche, simili a quelle dove in occidente si fanno le foto per i documenti.
Nelle purikura i giovani giapponesi si divertono a fotografarsi da soli o insieme ad amici, decorandole con scritte ed effetti di ogni sorta. Uno degli effetti più utilizzati è proprio quello per ingrandire gli occhi della persona fotografata.

Cabine Purikura – Fonte: twitter @Taito_Ebina

L’ingrandimento dell’occhio può anche essere reso attraverso delle particolari lenti a contatto che aumentano l’iride creando l’effetto desiderato.

Lenti a contatto – fonte: lipscosme.com


Per chi volesse esistono anche cliniche che permettono d’ingrandire realmente l’occhio attraverso un operazione chirurgia, ma questo fenomeno è più comune in Korea.

Il futae 二重

Tipi di occhi – fonte: nissen.co.jp

Gli occhi sono soggetto anche di un altro particolare ricercatissimo dalle donne giapponesi: il futae 二重ふたえ.
La parola significa letteralmente “doppio strato“, in riferimento alla palpebra superiore dell’occhio. Secondo questo standard la papebra dovrebbe essere ben visibile e mostrare due “strati” di pelle, cosa comunissima per gli occidentali, ma non per le fattezze orientali.

L’occhio più comune in oriente è l’hitoe 一重ひとえ, mono strato. Esiste anche un altro termine, okubutae 奥二重おぶくたえ, che indica la presenza di un secondo strato di pelle della palpebra, ma nascosto dalla conformazione stessa dell’occhio.

Pubblicità operazione chirurgica – Fonte: clinicfor.life

Per creare un finto effetto le donne possono ricorrere a piccole protesi rimovibili da apporre sulla palpebra o, anche in questo caso, all’operazione chirurgica.

Yaeba 八重歯

Tomomi Itano – fonte: www.meguro-shika.jp

Con il termine yaeba 八重歯やえば, si indica un particolare tipo di dentatura con i canini dell’arcata superiore più prominenti. Un po’ effetto Dracula.
Questa moda è nata recentemente, precisamente nel 2011, quando le teenager volevano somigliare all’idolo di successo del momento, Tomomi Itano.

Il fenomeno non si è però fermato ed è nato finanche un gruppo musicale sulla scia delle famose AKB48, le TYB48, dove le cantanti avevano un unico punto in comune: lo yaeba.

TYB48 – Fonte: soranews24.com

Possibilmente questo tratto distintivo della dentatura è desiderato perchè ricorda la dentatura nel periodo della pubertà, quando i denti non sono ancora ben assestati. Questa immagine adolescenziale della donna è molto sensuale per i giapponesi e molto apprezzata dagli uomini.

Esiste il termine tsuke yaeba 八重歯やえば, che indica dei finti denti che si appongono a quelli preesistenti proprio per dare l’effetto desiderato alla persona. Questi vengono apposti negli studi dentistici che offrono poi anche un servizio di rimozione. Il tutto al modico prezzo di 44 mila Yen, circa 350 euro.

fonte: huffingtonpost.co.uk

Mode recenti

Parlando dei canoni di bellezza penso sia giusto almeno accennare alle mode più in voga negli ultimi decenni che hanno scandito le ultime generazioni giapponesi.

Il Giappone contemporaneo vede il continuo alternarsi di stili diversi, si pensi ad esempio al fenomeno lolita e suoi numerosissimi sottogeneri: gothic lolita, punk lolita, sweet lolita, ecc…

Esempi di lolita – fonte: tokyofashion.com

Spesso la moda è andata di paripasso con la musica e all’inizio degli anni ’90 nasce ad esempio il fenomeno Visual Kei, genere musicale che spazia dal rock al pop dove l’elemento predominante è l’impatto visivo.

Guardando più indietro si ricordano le gyaru anni ’90, le decora di inizio anni 2000, la moda kogal o quella dei ragazzacci Bōsōzoku.

Bōsōzoku – fonte: jonellepatrick.me

Non voglio però approfondire il contesto moda in questa sede. I vari movimenti e le loro complesse sfaccettature divagherebbero dal tema della bellezza di questo articolo e penso meritino un articolo dedicato.

Conclusione

In linea generale si può affermare che in Giappone non si ricerca il “bello” ma il “grazioso”, o usando un termine giapponese il kawaii 可愛かわいい.
La donna non ricerca bellezza e perferzione come in occidente, ma un aspetto adolescenziale, gentile, dolce, ingenuo, indifeso e rassicurante.
Generalmente l’uomo giapponese rifugge dalla donna volitiva e dai modi aggressivi, ma preferisce un comportamento accondiscendente e remissivo (almeno all’apparenza..).
Come già accennato in un altro articolo ritengo possibile un eventuale collegamento tra questo stereotipo femminile con quello del wakashū risalente al periodo Edo.

Certamente queste ed altre tendenze nasceranno e moriranno come accade in ogni parte del mondo; cambiamenti che come piccoli tasselli compongono un mosaico in eterno divenire e che spero non perda mai la sua vena identitaria.

Fonti:
emozzy.com
torugu.com
bbc.com
jonellepatrick.me

In copertina: Opera di Yasunari Ikenaga

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