Osamu Dazai: il sole non si spegne…

La letteratura giapponese è ricchissima di grandi scrittori dal medioevo ad oggi e, come in occidente, le loro opere hanno raccontato vizi, paure, amori, sogni e usi delle società in cui sono vissuti.
In occidente ben conosciamo autori come Murakami Haruki, Mishima Yukio o Yoshimoto Banana, solo per citarni alcuni, che con le loro opere hanno saputo conquistare i lettori di tutto il mondo. La quantità di autori che vengono però tradotti sono naturalmente inferiori alla grande fucina letteraria giapponese, così come spesso solo alcune opere di un autore arrivano tra le nostre mani.
Di conseguenza vi sono scrittori che rimangono inevitabilmente nell’ombra in occidente, e benchè abbiano profondamente segnato il Giappone, rimangono ingiustamente, ma comprensibilmente, meno conosciuti ai più. Osamu Dazai è tra questi.

Osamu Dazai ha rappresentato perfettamente la condizione estraniante di quella fetta della società giapponese che lamentava la mancanza di scopo e la crisi identitaria del Giappone di metà 900.
A distanza di più di 70 anni dalla sua morte, Dazai è ancora oggi un autore amato in Giappone. In particolare i giovani giapponesi riescono a vedere nelle sue opere le insicurezze, le crisi esistenziali e la disillusione di un mondo in cui devono sgomitare per affermarsi.

Dazai è certamente un autore controverso, un uomo alla costante ricerca di sè che ha vissuto in maniera dissoluta e tentando finanche numerose volte il suicidio. Ripercorriamo la sua vita cercando di capire perché ha segnato così profondamente non solo la letteratura giapponese, ma intere generazoni di lettori.

La giovinezza di Dazai

Shūji Tsushima, o in arte Osamu Dazai 太宰治, nacque da una famiglia benestante nel 1909 a Kanagi, nella prefettura di Aomori.
Ottavo di undici figli visse in una grande casa composta da una trentina di persone, servitori inclusi. Sin da piccolo però non ebbe mai un vero rapporto con i genitori. La madre, Tane Tsushima, era ammalata e non si potè mai occupare pienamente dei figli. Il piccolo Dazai fu così cresciuto dalla zia Kie con l’aiuto di una domestica chiamata Kane Chikamura.
Il padre, Goemon Tshushima, era spesso fuori casa per lavoro occupandosi anche di questioni politiche data l’influenza della famiglia nella prefettura.

Osamu Dazai è il secondo da sinistra

Così il primo grande vuoto nella vita del futuro scrittore fu certamente l’assenza di amore genitoriale. Mancanza che lo segnò inevitabilmente nella crescita e che pose le basi per uno stato di inadeguatezza e incertezza. Lo stesso Dazai scrisse di essersi chiesto più volte se fosse o meno vero figlio dei suoi genitori. A questo si aggiunse che l’affetto trovato nella zia e in Kane terminò all’età di 8 anni, quando queste si traferirono in un’altra casa. Il distacco fu un’ulteriore ferita per il piccolo Shūji.

L’istruzione

Ryūnosuke Akutagawa

Il rapporto di Dazai con l’istruzione fu sempre incostante e difficoltoso, alternando momenti produttivi al totale disinteresse e rifiuto per l’istituzione. Sin da bambino fu un grande divoratore di libri e sviluppò poi un forte amore per la letteratura classica, giapponese e non, collaborando anche con il giornale del college che frequentava e pubblicando anche una rivista chiamata Saibō bungei, “letteratura cellulare”.

L’assenza di punti di riferimento furono di certo un peso nella sua vita, e morto il padre alcuni anni prima a causa di un’influenza, Dazai trovò nel giovane scrittore Ryūnosuke Akutagawa un vero e proprio idolo a cui ispirarsi. Il destino volle che l’idolo si suicidò improvvisamente nel 1927, devastando psicologicamente il già fragile equilibrio di Osamu.Negli anni successivi provò anche a vincere dei concorsi letterari intitolati in memoria del suo idolo, ma non riuscì mai a vincerlo. Arrivò solo a essere candidato.

Hatsuyo Oyama

Lo stesso anno tentò anche lui il suicidio con un’overdose di calmotina che lo portò in coma. Salvatosi riuscì a terminare gli studi e iscriversi nel 1930 alla facoltà di letteratura francese dell’università di Tokyo.
Il percorso di studio si interruppe nuovamente per la folle fuga con una geisha, Hatsuyo Oyama, fatto che portò la famiglia a ripudiarlo ufficialmente ed essere espulso dall’università per mancanza di fondi che gli permettessero di pagare la retta.
La relazione con la geisha però non si interruppe. I due convolarono finanche a nozze nel 1931 e la moglie divenne il modello per numerose donne delle future opere dello scrittore.
In una vita fatta oramai di eccessi, tra alcolici e barbiturici, nello stesso anno conobbe Tanabe Shimeko, giovanissima hostess di un bar, con la quale fuggì e tentò nuovamente il suicidio, ingoiando ancora una grande quantità di calmotina insieme alla ragazza. Dazai si salvò, la ragazza no.

Tanabe Shimeko

A questo si aggiunsero poi problemi legali legati all’incidente e alla sua partecipazione al partito comunista, al tempo vietato in un Giappone nazionalista e che mal vedeva le idee marxiste. Lo scrittore riuscì però a cavarsela grazie all’aiuto della famiglia concretizzatosi per intercessione del fratello che gli fece promettere però di terminare gli studi.

La prima carriera letteraria

Osamu Dazai

Dazai mantenne la promessa fatta al fratello e seguirono anni di una prima intensa produzione letteraria sotto l’ala dello scrittore Masuji Ibuse. È questo il periodo in cui comincia a firmarsi come “Osamu Dazai” e sperimenta lo Shishōsetsu 私小説しんしょうせつ, il romanzo dell’Io, una forma di romanzo confessionale. Questo stile lo contraddistinguerà per tutta la sua carriera e ne diverrà ad oggi uno dei maggiori esponenti.
I racconti sono realistici, usano un tono confidenziale e sono spesso critici verso la società. L’autore utilizza i fatti realmente vissuti in prima persona per ricreare un’esperienza reale e diretta nel racconto.
Non mancano comunque anche opere più umoristiche e argute come Jōseito del 1939 e in generale lavori dove seppe descrivere la gioia della vita e la bellezza della decadenza.

Nel 1935 però una nuova svolta; all’ennessima difficoltà nel trovare un lavoro in un giornale di Tokyo, scrisse Bannen, “gli ultimi anni”, una sorta di testamento letterario al quale seguì nuovamente un tentativo di suicidio, questa volta impiccandosi. Anche questo si risolse in un fallimento. Inoltre nel percorso di riabilitazione fisica rimase assuefatto dagli antidolorici e passò così due anni tra ospedali e istituiti per disintossicarsi.

Nel mentre la moglie Hatsuyo instaurò una relazione con il cognato di Dazai, il pittore Zenshiro Kodate. Lo scrittore lo venne a sapere solo casualmente e convinse la moglie a suicidarsi insieme ingerendo una gran quantità di sonniferi. La morte però sembrava non volerne proprio sapere di Dazai, e i due si salvarono. Decisero quindi di divorziare.

Poco dopo, nel 1938 si spostò nella zona di Misaka dove si risposò con un insegnate, Ishihara Michiko. La donna nel 1941 diede alla luce Sonoko, prima figlia di Dazai. Che la paternità possa aver cambiato l’animo tormentato e autodistruttivo di Osamu?

Gli anni della guerra

Ne seguirono anni produttivi nei quali però dovette affrontare la morte della madre e il conseguente riavvicinamento con il villaggio natio e i luoghi dell’infanzia.
Nello stesso periodo scoppia il secondo conflitto mondiale, ma Dazai fu esonerato dall’arruolamento per gravi problemi polmonari, gli fu infatti diagnosticata la tubercolosi.
Nel 1944, in pieno periodo di guerra, continuò la sua produzione letteraria e nacque anche il suo secondo figlio, Masaki. Intanto la famiglia si postò a Tsugaru per scappare dai raid aerei americani che si facevano sempre più frequenti e pericolosi. Già due volte la loro casa era stata colpita e andata a fuoco.
Nel 1947 nacque poi Satoko, terzogenita di Dazai, che da adulta sarebbe poi diventata una scrittrice prendendo lo pseudonimo di Yūko Tsushima.
Questi sono gli anni di Tsugaru, Pandora no Hako, Otogizōshi e altre opere.

Il dopoguerra

Gi anni che seguono la fine del conflitto sono quelli di maggior successo di Dazai. Il Giappone in tumulto e scosso dalla perdita della guerra e dei punti di riferimento si rispecchia nello scrittore tormentato. Le opere di questo periodo sono Viyon no Tsuma, Jungonenkan, Kuno no nenkan e soprattutto Shayō. Quest’ultimo lo porterà alla celebrità. Shayō, tradotto in italiano come “Il sole si spegne” è la storia del declino della nobiltà giapponese nel dopo guerra, la caduta di una classe sociale immersa in un cambiamento epocale senza via di ritorno. Il testo è basato sul diario di una donna, Shizuko Ōta, sua grande ammiratrice con la quale ebbe anche un figlia fuori dal matrimonio nel 1947 di nome Haruko

La morte

La paternità non cambiò lo stato dello scrittore, il suo tormento interiore unito alla malattia e al subentrato alcolismo lo instradano verso la fine.

Tomie Miyazaki

Nel 1948 conobbe Tomie Miyazaki, un estetista di Ōmiya, con la quale andò a vivere abbandonando la famiglia. Lo stato fisico e psicologico era più instabile che mai. Nello stesso anno pubblica Ningen Shikkaku, “no more human” (lo squalificato in Italia), il suo canto del cigno. Il testo è semi autobiografico e racconta proprio dello stato autodistruttivo dell’uomo, reietto, non più essere umano.

Nello stesso anno cominciò la scrittura di “guddo bai”, una serie di novelle per il famoso giornale giapponese Asashi Shinbun, ma che non videro mai la luce.
Il 13 giugno 1948 Dazai e Tomie si gettarono nel canale di Tamagawa morendo entrambi. I loro corpi furono trovati solo cinque giorni più tardi, proprio per il compleanno dello scrittore. Avrebbe compiuto 39 anni.

Mi chiedo se forse la morte che tante volte aveva rifiutato di “accontentare” l’estremo gesto di Dazai, stesse invero solo aspettando la stesura di “no more human”; massima espressione della sofferenza dell’autore, un testo diventato caposaldo della letteratura giapponese, specchio della fragilità umana.

Fonti:
Wikipedia
Suicidal Narrative in Modern Japan: The Case of Dazai
dazai.or.jp