La discesa di Izanagi nello yomi e la caverna di Amaterasu

Dopo aver affontato la nascita del Sol Levante secondo la mitologia giapponese in questo articolo, continuiamo il nostro viaggio accompagnando Izanagi nel suo breve ma burrascoso viaggio negli inferi.
La visita all’oltretomba di Izanagi non fu un viaggio di piacere, ma un disperato atto d’amore che in molti tratti ricorda la discesa nell’Ade di Orfeo nel celebre mito di Orfeo ed Euridice.

Questo mito è narrato in vari testi antichi, come il Kojiki ed il Nihon Shoki, con delle piccole differenze tra loro. Gli accadimenti generali della storia rimangono però i medesimi.

Lo Yomi – il mondo dei morti

Il mondo dell’oltretomba nella mitologia shintoista prende il nome di Yomi no kuni 黄泉の国. Questo luogo è descritto nel Kojiki, libro sacro che raccoglie la genesi del Giappone e racconta della diretta discendenza divina del primo mitico imperatore del Giappone, Jinmu.

Il termine Yomi significa letteralmente “sorgente gialla” e deriva dalla mitologia cinese dove indicava un luogo oscuro che si trovava sottoterra.

L’ade della mitologia nipponica si discosta però dall’inferno cristiano; per quanto scuro e abitato da creature mostruose, non è caratterizzato da fiamme, punizioni o altro. Inoltre lo shintoismo non prevede un giudizio dopo la morte, così tutti i viventi andranno nello Yomi; le anime non vengono smistate tra inferno e paradiso come accade nella religione buddista secondo il volere di Emma, guardiano dell’inferno. Lo Yomi è semplicemente il mondo dove le anime si recano dopo la vita terrena.

La morte di Izanami

I testi sacri raccontano che, dopo essere stati investiti del ruolo di creatori del mondo degli dei e della terra, Izanagi (lui) e Izanami (lei) impararono a conoscere i propri corpi, biblicamente parlando, e generarono terre emerse (kuniumi) e divinità (kamiumi).
I due continuarono finché Izanami non mise al mondo Kagutsuchi, divinità del fuoco, che però le ustionò i genitali portandola alla morte. Izanagi, in preda al dolore, decapitò Kagutsuchi con la sua spada, l’Ame no Ohabari, e tagliò il suo corpo in otto pezzi, divenuti poi otto vulcani.
Inoltre disperato per la morte della sua amata, decise di raggiungerla nell’ ade, lo yomi 黄泉よみ, e di riportarla a sè.

La discesa nel mondo dei morti

Izanagi si ritrovò in un mondo non dissimile da quello della terra degli uomini, il nakatsukuni, se non per la costante oscurità che l’avvolgeva.

Dopo un’affannosa ricerca il dio riuscì a trovare la sua amata ma la poca luce non gli permetteva di vederla chiaramente. Egli comunque le chiese di tornare con lui e fuggire da quel tetro mondo. Izanami lo informò che oramai si era già cibata del cibo degli inferi, diventando parte del mondo dell’oltretomba. Continuò poi pregandolo di lasciarla nello yomi e di ritornare indietro.

Izanagi però non accettò la decisione di Izanami e la convinse a seguirlo. Izanami però gli fece promettere di non guardarla finché non fossero usciti dallo yomi. Inzanagi però mentre quest’ultima dormiva prese il pettine che legava i capelli della dea e mosso da curiosità lo accese come una torcia per vederla. Il dio però rimase inorridito dalla scena che vide dinnanzi ai suoi occhi: il corpo di Izanami era ormai in via di decomposizione e vermi, insetti e abominevoli creature lo ricoprivano.

La fuga dallo Yomi

Izanagi, spaventato e disgustato dalla visione raccapricciante, gridò di orrore e decise di scappare via da quel buio mondo impuro. Izanami però, ridestata dal suo sonno, si infuriò con il dio per averla tradita e aver rotto la promessa fattale. Cominciò così a inseguirlo scagliandogli contro delle “streghe”, le shikome 醜女しこめ, nel tentativo di fermarlo. Izanagi però riuscì a fuggire grazie a vari stratagemmi che variano a seconda dell’antico testo a cui facciamo riferimento.

Ad esempio si dice che gettò a terra il suo cappello che si trasformò in grappolo d’uva facendo inciampare le shikome rallentandole. Oppure lanciò dietro di sé il pettine che si trasformò in un muro di canne di bambù. O ancora urinò contro un albero formando un grande fiume che frenò le creature che lo inseguivano, permettendogli di guadagnare tempo ed uscire indenne dallo yomi.

Uscito dall’ade, Izanagi ne bloccò immediatamente l’entrata con un grande masso, fermando gli inseguitori e la stessa Izanami. Quest’ultima, in preda all’ira, lo minacciò dicendogli come punizione per il suo tradimento avrebbe ucciso ogni giorno mille persone. Izanagi le rispose furioso che in tal caso avrebbe dato vita a 1500 uomini ogni giorno. Prese così forma la Morte per gli esseri umani.

Secondo il Kojiki, Izanagi corse poi a immergersi nella acque del fiume Tachibana per purificarsi (il rito shintoista del misogi みそぎ) dalla discesa fatta nell’impuro mondo dei morti. Dalle sue abluzioni al viso nacquero le maggiori divinità del pantheon shintoista: dall’occhio sinistro prese forma Amaterasu, la dea sole; dal destro, Tsukuyomi, dio della luna; dal naso, Susanowo, divinità dei mari e delle tempeste.

La lite tra Amaterasu e Susanowo

Nelle antiche scritture giapponesi il dio Susanowo è descritto come una divinità iraconda e litigiosa. Egli è il più giovane tra gli dei nati dalle abluzioni di Izanagi: Amaterasu, Tsuyomi e Susanowo.

Proprio a seguito del suo comportamento irriverente e spregiudicato, Izanagi lo scacciò dal Takamagahara, il regno dei cieli scintoista. Prima dell’esilio, il dio si recò nella dimora della sorella maggiore Amaterasu per avere un confronto pacifico e chiederle consiglio.
Amaterasu, timorosa degli scherzi e delle reazioni di Susanowo, si fece trovare vestita da uomo e con indosso l’armatura. Il dio però le portò rispetto e la rassicurò sulle sue buone intenzioni. La sorella, conoscendo la poca sincerità di Susanoo, lo sfidò a dimostrare di essere veramente sincero. Oggetto della sfida sarebbe stata la creazione di alcune divinità.
Susanowo le porse la sua spada sacra e Amaterasu la sua collana (magatama). I due ruppero in pezzi questi oggetti, li masticarono e sputarono via i resti formando altrettante dei: dalla spada si formarono tre divinità femminili e dalla collana nacquero cinque divinità maschili. La dea adottò quindi le divinità maschili e propose al fratello di adottare quelle femminili. Questi però le fece notare come lui aveva creato le ben più valide divinità maschili e si riteneva vincitore della sfida. La diatriba tra i due non terminò finché Susanowo festeggiò vittorioso defecando nel palazzo della sorella e distruggendo tutti gli argini da lei creati nel mondo degli umani. Non pago, distrusse il telaio sacro di Amaterasu lanciandovi contro un cavallo sacro scuoiato e provocando la morte di un’ancella tessitrice. La dea disperata e inorridita scappò via e si rinchiuse in una grotta.

Susanowo

Il mito della caverna

Rifugiatasi all’interno della grotta, la dea Amaterasu vi si rinchiuse dentro e a nulla valsero le suppliche degli altri dei per convincerla ad uscire. Nel mentre il mondo cadde in un buio profondo e gli spirita maligni cominciarono a infestare il creato intero.
Le dea della saggezza, Omoikane, ideò allora un piano per far uscire la dea Sole dal suo nascondiglio.
Organizzarono davanti l’entrata della grotta un grande banchetto, dove ogni divinità rideva, scherzava e cantava. La dea dell’alba, Amanouzume, cominciò poi a ballare denudandosi tra gli dei per l’ilarità di tutti. Intanto uno specchio sacro (Yata-no-Kagami) era stato appeso poco vicino la grotta in modo da riflettere l’entrata della stessa.
Amaterasu rimase così sorpresa che la sua assenza nel mondo fosse stata dimenticata così velocemente. Mossa allora da curiosità aprì leggermente l’entrata e scorse la testa per osservare il mondo. La dea rimase abbagliata dalla sua stessa luce e bellezza riflessi dallo specchio e il possente dio Ame-no-Tajikarao la tirò fuori. Si provvide quindi a bloccare l’accesso alla grotta con una corda sacra, lo shimenawa.
Amaterasu venne convinta dagli altri dei e Il sole tornò così a risplendere nel mondo intero.

Per approfondire i miti del Giappone consiglio la lettura del kojiki, testo sacro che raccoglie la genesi del Giappone.