Gesù in Giappone e l’origine ebraica dei giapponesi

La tomba di Gesù in Giappone e l’origine ebraica dei giapponesi

Il Giappone è un paese intriso di tradizioni, arcaici rituali e leggende antiche e recenti che non di rado affascinano e ammaliano visitatori e appassionati di tutto il mondo. In questo calderone che ribolle di fascino e profumi d’oriente nasce la teoria della morte di Gesù in Giappone, con tanto di tomba e pellegrini che la visitano.

Questa leggenda è preceduta nella storia da diverse teorie che hanno legato il popolo giapponese alla cultura giudaica e al popolo ebreo.

Cartello tomba di Cristo – fonte:scichinohe.blogspot.com

La tomba di Gesù Cristo in Giappone

La teoria, o meglio la scoperta, nasce nel 1933 quando vennero ritrovati dei presunti manoscritti e antichi documenti ebraici che riguardavano la morte e la vita di Gesù in Giappone. Però questi importanti testi sembra che furono sequestrati dal governo giapponese a ridosso del secondo conflitto mondiale e poi persi.

Secondo questa teoria nel villaggio di Shingō, nella parte centro-meridionale della prefettura di Aomori, si trova la tomba di Gesù Cristo, kirisuto no hakaキリストのはか.

La leggenda

Secondo la leggenda il salvatore secondo i cristiani non morì crocifisso sul Calvario, ma morì al suo posto il fratello minore Isukiri. Ricercato per essere condannato Gesù fuggì a est, attraversando la Siberia e arrivando alla provincia di Mutsu, nel Giappone del nord. Lì sarebbe diventato coltivatore di riso e si sarebbe sposato e cresciuto tre figlie in una zona vicino al villaggio di Shingō. Si pensa che Cristo viaggiò per tutto il Giappone imparando e assimilando diverse nozioni dell’antico shintoismo per poi morire all’età di 106 anni. Le sue ossa furono quindi racolte e sepolte nel tumulo oggi venerato nel villaggio.

Vicino alla sua sacra tomba si trova un altro tumulo che contiene un orecchio del fratello e una ciocca dei capelli di Maria, uniche reliquie che potè portare con se al momento di fuggire dalla Giudea.

La tomba di Gesù

Ecco di seguito il testo sul cartello della tomba della leggenda di Cristo:

All’età di 21 anni Gesù Cristo venne in Giappone per intraprendere studi divinatori che perseguì per 12 anni. Tornò in Giudea all’età di 33 anni dove iniziò la sua missione. Tuttavia, a quel tempo, la gente in Giudea non accettava la predicazione di Cristo. Piuttosto, venne arrestato e quasi crocifisso su una croce. Suo fratello minore, Isukiri, prese casualmente il posto di Cristo e finì la sua vita sulla croce. Cristo, sfuggito alla crocifissione, dopo un lungo viaggio tornò nuovamente in Giappone. Si stabilì proprio qui, in quello che ora è chiamato il villaggio di Herai, e vi morì all’età di 106 anni. Su questa terra santa, un tumulo è dedicato alla memoria e alla venerazione di Cristo, e uno a Isukiri. La descrizione di cui sopra è tratta da un testamento di Gesù Cristo.

Cartello esposto sulla tomba di Cristo

Gli anni perduti di Cristo

Inoltre esistono altri dettagli che raccontano quello che fece Gesù durante i suoi “anni perduti“, ovvero il lasso di tempo tra i 12 e i 30 anni dei quali non si sa quasi nulla. Si pensa che andò in Giappone per la prima volta all’età di 21 anni per studiare teologia. Sbarcò nel porto della costa occidentale di Amanohashidate, breve tratto di terra nella baia di Miyazu, divenne discepolo di un grande maestro vicino al Monte Fuji. Qui imparò la lingua giapponese e la cultura dell’antico Giappone. Tornò quindi in Giudea, passando per il Marocco (?!), per parlare della “terra santa”, l’odierno Giappone. Condannato però per eresia, dovette fuggire e ritornò in Giappone passando come accennato prima dalla Siberia in un lungo viaggio di quattro anni.

Il fenomeno oggi

Questa apparentemente fantasiosa leggenda dell’esistenza dela tomba di Gesù in Giappone ha in realtà avuto un grande seguito in Giappone e non solo. Si calcola che la tomba di Cristo a Shingō richiama ogni anno circa 20 mila tra curiosi e fedeli. Non manca così il museo dedicato dove il il visitatore potrà acquistare ogni possibile “reliquia” del posto; tazze, sottobicchieri, sake, immagini e gadget vari.

Inoltre in primavera si svolge un rito in cui alcune donne in kimono cantano e danzano intorno alle tombe intonando canti dedicato al Salvatore. La cerimonia fù organizzata dall’ufficio turistico locale nel 1964 e la tradizione continua tutt’oggi.

Cerimonia con danza dedicata alla toba di Cristo

Questa leggenda è avvalorata, secondo quanto descritto nel museo, da usi di questa zona che sembrano apparentemente discostarsi da quelli del resto Giappone. Ad esempio l’uso in passato di abiti che ricordavano quelli della Palestina, donne che portavano il velo o bambini nei cesti come nelle storie della Terra Santa. Anche il dialetto locale avrebbe parole che sono più vicine all’ebraico che al giapponese; aba (madre) e aya (padre).

Inoltre basterà spostarsi di qualche centinaio di metri per incontrare, non una, ma ben due piramidi (o così vengono chiamate), una delle quali è adorata come kami con tanto di torii.

Altre teorie

Si pensa che un altra possibile motivazione della nascita di questa leggenda in questa zona possa essere stata la presenza di missionari qui rifugiatisi durante il periodo delle persecuzioni dei cristiani in Giappone nel periodo Sakoku. Le tombe sarebbero quindi in realtà le loro.

Ancora oggi uno dei membri più anziani del paese, Junichiro Sawaguchi, si pensa possa essere discendente diretto di Cristo. La famiglia Sawaguchi inatti è stata per diverse generazioni proprietaria di queste terre nelle quali coltivava aglio. Curiosamente Il Sg. Sawaguchi è però buddista e non è mai stato in una chiesa…

Il giapponesi hanno origine ebrea?

Per qunto possa sembrare apparentemente strano, teorie che accostano Giappone e popolo ebraico non sono nuove nella storia. Nel tempo diversi studiosi hanno ricollegato un possibile legame tra una parte dell’etnia e della cultura giapponese e quella ebreo-giudaica.

Le dieci tribù perdute d’Israele

Nei secoli si sono avvicendate diverse teorie legate alle dieci tribù perdute d’Israele, ovvero quelle tribù che formarono il Regno d’Israele nel nord del regno davidico ma che furono in parte deportate dai conquistatori assiri intorno al 720 A.C. La storia di queste tribù si perde nel tempo dato che la Bibbia non si interesserà alle tribù che non fecero ritorno a Gerusalemme, ma solo alle due che fondarono quello che era conosciuto come il Resto d’Israele.

Le teorie nippo-giudaiche

Le prime ipotesi di una connessione tra le dieci tribù perdute d’Israele e il Giappone appaiono nel XVII secolo e da quel momento si susseguirono teorie e ricerche che potessero verificarne la veridicità.

La prima teoria completa fù formulata dallo scozzese Nicholas MacLeod, missionario in Giappone che pubblicò nel 1870 un libro a riguardo “Epitome of the ancient history of Japan“. Secondo lo scozzese alcuni discendenti delle tribù perdute avrebbero formato l’artistocrazia giapponese e le tradizionali caste sacerdotali. Inoltre MacLeod trovò anche delle similarità tra gli usi shintoisti ed il Giudaismo, come anche nelle leggende di Mose e l’imperatore Jimmu.

Arimasa Kubo

Le teorie trovarono diversi sostenitori anche nel ‘900 e altri saggi furono scritti a riguardo, alcuni come quelli di Joseph Eidelberg, furono tradotti anche in giapponese vendendo migliaia di copie.

Recentemente lo studioso cristiano Arimasa Kubo ha scritto dei testi in cui ha approfondito la questione facendo una comparazione tra le due culture, in particolare tra la religione shintoista e quella giudaica. Qui un interessante articolo e qui un intervista (in inglese).

Le prove dell’origine secondo Arimasa Kubo

Lo studioso giapponese interessandosi della cultura ebraica e della religione autoctona giapponese ha notato innumerevoli similitudini tra le due culture. Di seguito riporto le principali.

Tokin giapponese
Tefilin ebraico
  1. Nella prefettura di Nagano esiste un grande santuario chiamato “Suwa-taisha” dove ogni 15 aprile è celebrato l'”ontohsai“. Durante l’antica cerimonia svolta al vicino monte Moriya un ragazzo veniva legato a un palo in legno su un tappeto di bambù. Quindi mentre il sacerdote gli si avvicina per giustiziarlo, un altro sacerdote nelle vesti di messaggero lo blocca e il ragazzo viene rilasciato. Le vicende ricordano strettamente la storia di Isacco e la sua liberazione dopo la venuta di un angelo. I riti sono rimasti inalterati fino al periodo Meiji.
  2. Il simbolo dell’imperatore giapponese è il crisantemo, un fiore a 16 petali. Questo potrebbe ricordare il simbolo posto sulla parte superiore della porta di Erode
  3. Gli yamabushi, asceti giapponesi di fede buddista, portano sulla fronte il “tokin“. Questo uso è molto precedente in realtà al buddismo e ricorda fortemente il tefillin, detto anche filatterio, dove sono contenuti quattro brani della Torah.
  4. La struttura interna dei santuari shintoisti è simile aquella del Tabernacolo di Dio dell’antica Israele. Così come il divieto di accedere ad una parte del santuario alle persone comuni ricorda la divisione del tabernacolo.
  5. I riti purificatori giapponesi basati sul concetto di puro/impuro sembrano molto vicini a quelli di sacro e peccato. Nel Sol Levante vi sono tre simboli di purificazione che corrispondono a quelli delle leggi levitiche del giudaismo: il sale, che ad esempio viene sparso dai lottatori di Sumo prima di ogni incontro; l’acqua, presente in ogni santuario nel chōzubaki, recipiente da cui attingere per bagnare le mani e purificarsi. Inoltre i sacerdoti devono lavare mani e piedi prima di accedere al santuario, similarmente a islamci ed ebrei; il gesto ondulatorio, come quello dei sacerdoti effettuato durante la purificazione dell’Oharai in cui viene fatto ondeggiare il ramo di sempreverde Sakaki.
  6. Alcune parole giapponesi ricordano quelle ebraiche. Ad esempio:
    • Hazukashime <-> hadak hashem (disgrazia umiliazione)
    • Mikoto (re) <-> malhuto (suo regno)
    • Anta <-> anta (tu)
    • “agata nushi” (capo / area) <-> “aguda” “nasi”
Comparazione tra l’antica dtruttura del tabernacolo e del santuario shintoista – Fonte:biblemysteries.com

Oltre a quelle elencate ve ne sono delle altre, ma per approfondimenti vi riporto a questo link.

Inoltre si lo studioso profetizza la possibilità che nello specchio sacro, lo yata no kagami, uno dei tre tesori sacri dello shintoismo, attualmente conservato nel santuario di Ise Jingu possa esserci scritto il nome di Dio in ebraico.

Un recente studio sulle origini antropometriche del popolo giapponese non ha trovato ad oggi nessuna traccia di DNA che possa accumunare i due lontani popoli.

Conclusione

Alcune leggende sono totalmente frutto della fervida fantasia dell’uomo, altre hanno invece un fondo di verità. Di certo alcune di queste teorie sono interessanti e approfondirle è comunque buono spunto per avvicinarsi e conoscere un po’ di più la storia di due popoli con una cultura apparentemente diversa ma che invero hanno dei punti in comune.

Noi tutti facciamo parte del medesimo pianeta e come esseri umani siamo simili ma al contempo straordinariamente diversi. Bisogni, pensieri, sentimenti però ci accomunano tutti e forse il modo in cui li incameriamo e strutturiamo le nostre credenze è inevitalmente simile.

O forse c’è dell’altro?

Fonti:
wikipedia
smithsonianmag.com
traveltherapists.it
ocn.ne.jp
thechristianbushido.wordpress.com
biblemysteries.com