Fusako Shigenobu, l’Armata Rossa e l’attentato di Lod

In occasione della recente scarcerazione di Fusako Shigenobu non potevo esimermi dal raccontarvi l’incredibile storia dell’Armata Rossa giapponese. Recentemente avevo già accennato in questo articolo all’Armata Rossa e alle motivazioni che avevano portato alla nascita di questi movimenti estremisti. In quell’occasione vi avevo parlato però dell’Armata Rossa Unita che tanto fece parlare di sè in Giappone causando il famoso dirottamento Yodo-go e l’incidente dell’Asama Sansō.

L’armata Rossa Unita era nata da una parte dell’Armata Rossa e scomparve con la cattura dei suoi leader, Tsuneo e Nagata, nei primi anni ’70. Intanto Fusako Shigenobu, co-fondatrice dell’Armata Rossa, si era trasferita fuori del Giappone e progettava di rivoluzionare il mondo a suon di attentati.

Ma per capire questi gesti dobbiamo comprendere chi era Fusako Shigenobu.

Fusako Shigenobu (C) dopo il suo rilascio dal carcere, affiancata dalla figlia May Shigenobu (R) e dal suo avvocato (L) parla con i giornalisti ad Akishima, nella prefettura di Tokyo, il 28 maggio 2022. (Foto di Charly TRIBALLEAU / AFP)

Fusako Shigenobu

Shigenobu nacque a Tokyo il 20 settembre 1945, il padre Sueo Shigenobu, fu dapprima un insegnante, quindi un fervente nazionalista che servì l’armata imperiale a Manchuko. L’uomo fu inoltre parte del gruppo di estrema destra, “la lega del sangue” (ketsumeidan), che provocò l’omonimo “incidente della lega del sangue” 血盟団事件けつめいだんじけん del 1932. E se, scusate il gioco di parole, buon sangue non mente, proprio dall’esempio del padre la giovane Fusako trasse l’insegnamento del combattere a tutti i costi per i propri ideali. Forse anche troppo.

Da giovane lavorò presso la Kikkoman, nota azienda giapponese produttrice di salsa di soia, studiando la sera per i corsi dell’università Meiji. Sin da subito ebbe grandi difficoltà ad integrarsi ad un sistema lavorativo basato su una rigida gerarchia ancora di stampo tradizionale e ancor meno riuscì ad adattarsi a buona parte del sistema universitario.

A metà degli anni ’60 si unì al movimento studentesco che protestava per le tasse universitarie e nel 1966 entrò a far parte del gruppo Nuova Sinistra. Quest’ultimo gruppo face parte della Lega Comunista giapponese e poi protagonista di scontri e attentati nonchè dell’ideologia radicale dell’anti-giapponismo, movimento che voleva distruggere ogni traccia del Giappone tradizionale.

Da lì a poco Shigenobu decise di dedicarsi interamente agli studi ma soprattutto alle attività politiche, sfruttando le sue capacità affabulatorie e la bella presenza.
Buona parte delle dimostrazioni di quel periodo la vedono protagonista e al contempo avvicinarsi sempre più alle frangie di estrema sinistra giapponese.

Gli anni nella Fazione dell’Armata Rossa

La sinistra giapponese di fine anni ’60 si trovò però ad un bivio: seguire i tanti gruppi radicali che dimostravano violentemente in Giappone o trovare una strada più moderata. Optò per la seconda via.

Shiomi Takaya

Shigenobu, come suo padre (anche se di opposta fazione), era una fervente attivista e credeva fermamente nelle idee di Trotsky e alla rivoluzione violenta contro gli imperialismi.
Si avvicinò così a Shiomi Takaya, capo della neonata Fazione dell’Armata Rossa, la 赤軍派せきぐんは. Qui si contraddistinse per la capacità di attrarre donazioni e reclutare nuovi membri. Inoltre si legò sentimentalmente a Tamiya Takamaro, membro della Fazione e uno dei dirottatori dell’incidente Yodo-go del 1970 che poi rimase disperso in Corea del Nord.

La Fazione dell’Armata Rossa mostrava però numerosi limiti e Shigenobu se ne rese ben presto conto. Le lotte intestine erano frequenti e spesso violente, inoltre le conseguenze del dirottamento portarono maggiori confusioni e instabilità all’interno del gruppo e nella stessa Fusako.
Takamaro era disperso, Shiomi in carcere e all’orizzonte si presaggiva il cambiamento della Fazione. Nel 1971, unendosi con un altro gruppo di estrema sinistra, sarebbe infatti nata l’Unione dell’Armata Rossa con a capo Mori Tsuneo, che Shigenobu considerava attivista miope, dagli ideali limitati e provinciali.

Mori Tsuneo

Fusako riuscì così a convincere Tsuneo e ad avere il permesso di lasciare il Giappone con la scusa di ricercare fondi e nuovi membri. Destinazione Palestina. Anni prima aveva infatti conosciuto all’università un attivista palestinese che le raccontò gli eventi della Guerra dei Sei Giorni del 1967, della sconfitta dell’armata araba da parte di Israele e dei conseguenti attacchi terroristici palestinesi.
Shigenobu ricercava infatti una rivoluzione rossa dal respiro internazionale e la tumultuosa Palestina era il luogo perfetto dove andare. Sposò così un membro dell’armata rossa per acquisire un nuovo cognome, tale Okudaira Tsuyoshi, e partì. Il Giappone che si lasciò alle spalle da lì a breve avrebbe visto l’implosione dell’Unione dell’Armata Rossa in Giappone, iniziato con l’incidente dell’Asama Sansō del 1972.

La nascita dell’Armata Rossa Giapponese

Tsuyoshi Okudaira

Shigenobu arrivò in Libano nel 1971, un paese immerso in difficoltà sociali e politiche, luogo perfetto dove poter ricreare la sua armata Rossa e prepararsi per la “vera” rivoluzione.
Lontani dai controlli della polizia e in contatto con il Fronte di Liberazione Popolare Palestinese (PFLP), Fusako riuscì ad ottenere armi e la possibilità di addestrare uomini per la causa.

Yasuda Yasuyuki

Da lì a breve la raggiunsero suo “marito” Okudaira, un giovane studente chiamato Yasuda Yasuyuki e Okamoto Kōzō. Quest’ultimo era il fratello minore di attivisti dei movimenti studenteschi, in particolare Takeshi, divenuto celebre per il dirottamento nell’incidente dello Yodo-go.
Okamoto aveva sempre vissuto nell’ombra dei fratelli, frequentava un’università in una zona rurale del Giappone lontano dei movimenti studenteschi delle grandi università del Giappone e fu attirato dall’armata proprio con la promessa di diventare anche lui un protagonista della rivoluzione rossa.

Kozo Okamoto

Loro furono i primi a iniziare un intenso addestramento che li avrebbe preparati alla lotta e al primo passo: supportare la causa palestinese e preparare un primo attentato contro Israele.

Il massacro dell’Aeroporto di Lod

Sono le 22:00 del 30 maggio 1972 e l’aereo del volo Air France partito da Roma atterra a Tel Aviv. Al suo interno buona parte dei posti del velivolo sono occupati da 120 pellegrini battisti e pentacostali di Porto Rico diretti verso la Terra Santa. Oltre a loro un cittadino canadese e tre passeggeri giapponesi: Okudaira, Okamoto e Yasuda. Tutti con passaporti falsi.
Shigenobu era rimasta invece a tessere le redini dell’organizzazione.

Dopo l’atterraggio i tre si nascosero nel bagno della zona bagagli dove si prepararono per l’ultimo fase della missione: uccidere.
I controlli negli aeroporti erano ben diversi da quelli di oggi e trasportare oggetti pericolosi non era affatto difficile. I tre riuscirono a infatti a portare con sè bombe e mitraglitrici. L’obiettivo dell’attentato era cambiare il mondo e portare il terrore contro il sistema, anche a costo del sacrificio di innocenti.
Il Piano di fuga dei tre? Semplicemente non c’era. Erano dei kamikaze.

Il brusio della sala ritiro bagagli, luogo dove si lotta al massimo per trovare la propria valigia e non certo per la vita, venne interrotto prima dai colpi di arma da fuoco. Poi dalle grida.
I tre terroristi iniziarono a sparare sulla folla innocente senza un obiettivo. Lanciavano bombe a mano tra una ricarica e l’altra cercando di colpire e ferire più gente possibile. Fu una strage.

Prima dell’arrivo delle forze di polizia Yasuda cadde sotto il fuoco amico, in una sala oramai riempita di proiettili, fumo, grida, terrore e sangue.
Okudaira morì sotto l’esplosione di una sua stessa granata mentre correva verso la pista delgi aerei sparando all’impazzata. Era rimasto solo Okamoto.

Intanto la polizia cominciò a rispondere al fuoco, cominciando un botta e risposta con Okamoto e riuscendo a ferirlo. Finite le munizioni del mitra, il terrorista cominciò a correre lanciando granate in cerca di un nuovo obiettivo. Invero la sua reale speranza era di essere ucciso come i suoi eroici compagni. Anche lui voleva passare alla storia. Non fu così.
Okamoto fu bloccato e arrestato mentre gridava e implorava di essere ucciso.

Alla fine persero la vita 24 persone, principalmente portoricani.

Okamoto e Il post attentato

Okamoto non fu l’unico a implorare di essere ucciso. Suo padre invitò infatti il governo a procedere alla pena di morte per il figlio, morso da rabbia e senso di fallimento come genitore.
Kozo era disposto finanche a collaborare con la polizia, ma solo in cambio della pena di morte, chiedendo poi al suo avvocato a non difenderlo in aula.
Una delle sue dichiarazioni del tempo rimase impressa alla stampa:

Quando ero bambino, mi è stato detto che le persone diventano delle stelle quando muoiono. Noi tre soldati dell’Armata Rossa volevamo diventare parte di Orione alla nostra morte. E mi rasserena il cuore pensare che tutte le persone che abbiamo ucciso diventeranno loro stesse stelle nel cielo. Con il procedere della rivoluzione così anche le stelle si moltiplicheranno!

Alla fine Okamoto fu condannato all’ergastolo, ma non rimase dietro le sbarre per tutta la vita. Nel 1985 divenne parte dell’accordo di scambio prigionieri Jibril tra il fronte di liberazione e il governo israeliano.

L’attivista passò gli anni successivi tra Libia, Siria e Lebano scontando ache alcuni anni in carcere negli anni ’90 per l’uso di documenti falsi insieme ad altri membri dell’Armata Rossa.

Ancora oggi Okamoto vive nei pressi di Beirut e benchè il Giappone ne abbia chiesto più volte l’estradizione, questa non è mai avvenuta.
Proprio 30 maggio del 2022 ha partecipato al 50esimo anniversario dell’attacco poggiando una corona di fiori sulle tombe dei suoi compagni caduti e facendo foto con i sostenitori del Fronte di Liberazione Palestinese.

Kozo Okamoto (C) – l’unico membro sopravvissuto del commando di tre uomini che ha ucciso 26 persone attacco effettuato da membri dell’Armata Rossa giapponese all’aeroporto israeliano di Lod il 30 maggio 1972 – partecipa a una cerimonia organizzata da militanti palestinesi per celebrare il 50° anniversario dell’attacco di Lod nella capitale libanese Beirut il 30 maggio 2022. – (foto di JOSEPH EID / AFP)

L’attentato di Lod del 1972 fu un successo per il PFLD. A vari bambini nati in quei giorni furono finanche dati i nomi degli attentatori e i tre diventarono degli eroi. Questo e altri atti di forza dell’Armata Rossa ricevettero l’appoggio morale ed economico anche di Muammar Gheddafi, noto leader libico del tempo.

La strage di Lod fu solo l’inizio per Shigenobu e la Japanese Red Army. Di lì a un anno un nuovo attentato avrebbe scosso le vite di altre persone. Venti anni di terrore attendevano il mondo nel nome della rivoluzione rossa.

Fusako Shigenobu e Okamoto Kozo

Fonti:
Wikipedia
unseenjapan.com