Introduzione al giapponese

Il giapponese è una lingua parlata da circa 130 milioni di persone, di cui la maggior parte nell’ arcipelago del Giappone e circa 5 milioni nel resto del mondo.
È l’ottava lingua per presenza nel web (l’ italiano è la quattordicesima) e grazie a una fortissima identità culturale ha esportato nelle lingue di tutto il mondo alcuni termini che oggi utilizziamo quotidianamente. Troviamo parole che riguardano il mondo sportivo o artistico come karate, judō, bonsai, origami, ikebana; termini culinari come sushi, sashimi, ramen; o parole di contesti storico-sociali come harakiri, kamikaze, banzai, geisha, kimono, zen, ecc..

Possiamo quindi affermare senza dubbio alcuno che il Giappone e la sua lingua sono entrati di fatto a far parte della nostra quotidianità.
A contribuire a questo fenomeno in anni recenti sono stati anime, videogiochi, manga e film. Infatti sono molte le persone che si avvicinano allo studio della lingua giapponese mosse dal desiderio di approfondire quanto visto o letto oppure con lo scopo di fruirne in lingua originale.

Come si costruisce una frase in giapponese?

Il giapponese è ritenuta una tra le lingue più complesse da studiare. Probabilmente per una costruzione di frase agli antipodi rispetto a quella delle maggiori lingue occidentali, per i diversi e numerosi registri linguistici ma soprattutto per l’ utilizzo di ben tre forme di scrittura: kanji, hiragana e katakana.

La struttura della lingua giapponese segue l’ordine SOV: SoggettoOggettoVerbo. La lingua italiana è invece una SVO, con l’ oggetto del discorso alla fine della frase.
Inoltre il giapponese fà uso di particelle per indicare la funzione delle parti della frase.
Facciamo un esempio:

ItalianoMariosoggettomangiaverbouna melaoggetto
GiapponeseMario wasoggettoringo wooggettotabemasuverbo

Quindi per costruire un enunciato minimo come sopra, il soggetto precede la particella che indica chi compie l’azione “wa“; quindi il complemento oggetto con la sua particella di riferimento “wo” ed infine il verbo.

A differenza di quel che si possa immaginare la grammatica della lingua giapponese non è complessa come il suo metodo di scrittura, soprattutto nei primi anni di studio, ed ha invece diversi elementi che la rendono molto più semplice delle lingue a noi più vicine.

Caratteristiche principali del giapponese

Le basi della grammatica giapponese sono infatti abbastanza semplici se comparate a quelle nostrane, ho riassunto le sue principali caratteristiche nei seguenti macropunti:

  • I verbi non concordano con il nome a cui si riferiscono. Ad esempio la declinazione del presente indicativo del verbo mangiare in italiano è mangio, mangi, mangia, mangiamo, mangiate, mangiano. In giapponese è solo “tabemasu“.
  • I predicati giapponesi hanno solo due tempi verbali, il presente ed il passato (sì, niente futuro). Ovviamente non è così semplice e comunque esistono diverse forme per esprimere un ampio ventaglio di possibilità e sfumature.
    I verbi giapponesi sono comunque categorizzati in alcuni gruppi, ma per maggiori dettagli vi rimando all’ articolo dedicato ai verbi.
  • Non esiste il genere. Quindi non esistono sostantivi di genere femminile o maschile.
  • Non esiste il plurale delle parole, o meglio si usa solo quando si vuole sottolineare la pluralità di qualcosa aggiungendo il suffiso –tachi. Esistono comunque i pronomi plurali.
  • Il soggetto è tendenzialmente sottinteso, l’ uso dei pronomi è molto limitato e si preferisce utilizzare al loro posto il nome seguito san o un suffisso di ruolo che indica la sua carica come ad esempio sensei (maestro).
  • Gli aggettivi si coniugano al presente e passato come un verbo, quindi si avrà una forma per dire “bravo” ed un altra per “ero bravo“. A queste due forme si aggiungono quelle del negativo, “non bravo” e “non ero bravo“. Un approfondimento sugli aggettivi lo trovate qui.
  • Utilizzo di particelle agglutinanti postposte per la gestione delle parti di un enunciato.

Per essere considerata una delle lingue più difficili, sembra una lingua abbastanza semplice, no?

Perchè il giapponese è considerato complesso?

La sua difficoltà per noi occidentali risiede in due principali elementi:

  1. ll sistema di scrittura
  2. I registri linguistici

1 – Il sistema di scrittura

Il giapponese moderno è formato da tre elementi: un sistema di caratteri chiamato kanji 漢字 e due alfabeti, hiragana ひらがな e katakana カタカナ.

Kanji – 漢字

i kanji nella lingua giapponese

I kanji sono ideogrammi, ovvero caratteri con valore semantico, di origine cinese che sono stati importati in Giappone con vari stratagemmi da studiosi e scriba intoro al V secolo d.C. come forma di scrittura. Infatti prima di quel periodo non esisteva una forma scritta della lingua giapponese.
Questo però non significa che cinese e giapponese usano i medesimi ideogrammi. Bisogna considerare che sia Cina che Giappone li hanno semplificati graficamente nei secoli con metodologie differenti e ad oggi le due lingue conservano solo delle somiglianze. Paradossalmente i kanji del giapponese moderno sono molto più simili a quelli del cinese classico di mille anni fa.

I kanji da conoscere sono quelli di uso comune (i jōyō kanji 常用漢字), che secondo l’ultimo aggiornamento del ministero dell’ educazione giapponese del 2010 sono in totale 2136. Questi kanji si insegnano ai bambini sin dalle scuole elementari per tutta la scuola dell’obbligo in modo che la persona possa imparare a scriverli e leggerli fluentemente.

Ogni kanji ha generalmente due (o più) possibili letture, quella di origine cinese (音読み – onyomi) e quella giapponese (訓読み – kunyomi) che variano a seconda della posizione del kanji.
Per esempio, il verbo mangiare in giapponese è taberu べる e il kanji si legge “ta” secondo la lettura kunyomi, ma quando è usato per dire pasto, shokuji 食事しょくじ, si pronuncia “shoku” seguendo la lettura onyomi.
Comunque oltre ai kanji di uso comune ne esistono innumerevoli altri ma per maggiori informazioni sui kanji, la loro storia e i metodi di memorizzazione vi rimando all’ articolo dedicato.

Hiragana – ひらがな

L’ hiragana è formato da 48 segni (segni puri) ed è stato introdotto nella lingua giapponese intorno al IX secolo. Questo alfabeto è una semplificazione di alcuni kanji e significa letteralmente “caratteri piani”, caratterizzati da una linea morbida se comparata ai caratteri del katakana.
A differenza dei kanji i caratteri dell’ hiragana hanno solo valore fonetico e si utilizzano per scrivere le particelle, per le desinenze di verbi e aggettivi, e per molti sostantivi. In generale quando vengono utilizzati per indicare le parti variabili del discorso si chiamano okurigana, mentre quando indicano la lettura di un kanji prendono il nome di furigana.
Per la loro origine, la lista completa dei caratteri e suggerimenti su come apprenderli leggi questo articolo.

Katakana – カタカナ

Come l’ hiragana, anche il katakana è costituito da 48 segni (segni puri) ed è stato creato nel IX secolo dalla semplificazione di alcuni kanji. Letteralmente il termine katakana vuol dire “carattere formato da una parte” ed in effetti sono tanti quelli che sono stati creati isolando solo una parte di alcuni ideogrammi.
Questo alfabeto ha una forma più spigolosa rispetto all’ hiragana ed è utilizzato principalmente per tutte le parole di origine straniera, per termini scientifici o per enfatizzare alcune parole. Anche il katakana ha solo valore fonetico.
Per la loro origine, la lista completa dei caratteri e suggerimenti su come apprenderli leggi questo articolo.

Posso non studiare i kanji? O evitare di studiare il katakana?

Mi soffermo su questo punto perchè troppe volte trovo domande di questo tipo.

La risposta è chiara: No!

Ognuna di queste parti è fondamentale per la corretta comprensione della lingua giapponese ed è imprescindibile studiare ognuno di queste forme di scrittura. Se già avete questi dubbi e cercate una scorciatoia, cambiate lingua. Il giapponese non fa per voi. Inoltre saltare lo studio dei kanji significherebbe perdere buona parte della bellezza del giapponese, il quale metodo di scrittura è croce e delizia della lingua stessa.
Lo stesso katakana è presente continuamente in tv, giornali, libri, insegne, ecc.. quindi non sarebbe assolutamente possibile non studiarlo. Si pensi ad esempio che tantissimi verbi o sostantivi collegati ad attività di origine straniera sono scritte in katakana.
Se avete ancora dubbi, approfondisco in questo articolo l’uso dei vari metodi di scrittura con vari esempi estrapolati da casi reali.

2- I registri linguistici

Un altro fattore che caratterizza la difficoltà del giapponese sono i suoi diversi registri linguistici, ognuno adatto a determinate situazioni. Perquanto questo problema non riguardi gli studi iniziali della lingua, nel proseguo dello studio sono fondamentali sapersi esprimere in modo rispettoso o umile a seconda del contesto.
Generalmente la frase è tanto più cerimoniosa quanto è lunga. Ecco di seguito un chiaro esempio di una frase scritta con diversi registri dal meno formale al più formale.

Italiano: cosa hai mangiato ieri?

Giapponese informaleLettura
昨日きのうなにった?kinō, nani kutta?
昨日きのうなにべた?kinō, nani wo tabeta?
昨日きのうなにべましたかkinō, nani wo tabemashitaka
昨日きのうなにべられましたかkinō, nani wo taberaremashitaka
昨日さくじつなにをおべになりましたかsakujitsu, nani wo otabe ni narimashitaka
昨日さくじつなにがりましたかsakujitsu, nani wo meshiagarimashitaka
Giapponese formale

Per maggiori informazioni sul registri del giapponese potete leggere qui.

Conclusione

La lingua giapponese è certamente una lingua che richiede impegno e dedizione, ma penso che questo valga per qualunque cosa in cui cimentarsi per la prima volta. Che sia una lingua, uno strumento musicale o un nuovo argomento l’ apprendimento ha sempre una curva più o meno ripida costellata da difficoltà ma anche grandi soddisfazioni.

Ritengo che all’inizio del percorso di studi il giapponese abbia una ripida curva di apprendimento a causa del differente metodo di scrittura, ma superato questo primo scoglio le basi grammaticale si apprendono abbastanza facilmente. Superato quindi il primo impatto la curva cala e si riaccentuerà solo quando si cominceranno a studiare i diversi registri del linguaggio relazionale (intorno al terzo anno di studi).

Lo studio del giapponese è un viaggio verso una cultura diversa e affascinante, e consiglio ad ogni persona che vuole intraprenderne lo studio di non cercare vie traverse o aver fretta. Che senso avrebbe fare un viaggio per poi far tutto di fretta senza godersi il panorama?
Non mi resta che augurarvi buono studio e buon viaggio!