Il periodo Yayoi (400 a.C. al 300 d.C)

La lunga storia del Giappone spesso trova i suoi estimatori tra coloro che si appassionano alle grandi battaglie samurai del periodo Sengoku o alle arti nate durante il più recente periodo Edo. Andando però ancor più a ritroso nel tempo possiamo ritrovare tracce di tradizioni e usanze del Sol Levante che hanno eco ancora oggi. Alcune di queste sono nate nell’era Jōmon, la preistoria del Giappone, e sono inevitabilmente mutate con i regni e i popoli che si sono succeduti nei secoli. Proprio di seguito a questo lunghissimo e ancora oggi misterioso periodo storico inizia quello Yayoi, epoca di passaggio dal neolitico all’età del ferro.

La datazione

Il termine “yayoi” deriva da una zona dell’antica Tokyo dove sono stati ritrovati i primi reperti archeologici databili a questo periodo. La datazione si basa sui resti delle terraglie ritrovate, ma è molto più complessa di quel che si possa immaginare e teorie e contro-teorie non mancano.

Il periodo Yayoi 弥生 si estende per convenzione dal 400 a.C. al 300 d.C. e, come nel caso del Jōmon, le date sono indicative e continuamente oggetto di diatribe da parte degli archeologi.
Secondo alcuni studiosi, l’inizio del periodo Yayoi andrebbe a sovrapporsi al tardo Jōmon. Sono infatti stati ritrovati dei resti organici esaminati al radiocarbonio che sembrerebbero databili al 1000 a.C., più di 500 anni prima dell’attuale datazione ufficiale. Anche in questo caso sono proprio le ceramiche a darci maggiori informazioni in merito grazie allo stile ben identificabile e databile proprio al 400 a.C.
Le teorie alternative nascono così dal ritrovamento di resti all’interno di queste ceramiche che sembrerebbero molto più antichi. Una contro-teoria però giustificherebbe la cottura dei cibi come una possibile causa di alterazione dei rilevamenti effettuabili e l’effetto riserva. Come è chiaro manca ad oggi una risposta univoca.

Per quanto le teorie e le ricerche in merito alla corretta datazione siano in continuo divenire, ad oggi il periodo Yayoi è suddiviso in tre parti principali seguendo le differenze delle ceramiche: primo Yayoi (500-100 a.C.), Medio Yayoi (100 a.C.-100 d.C.), e Tardo Yayoi (100 a.C.-300 d.C.). Esistono suddivisioni più recenti ma per semplicità mi limiterò a queste appena citate.

Un altro importante elemento preso in considerazione dagli storici per datare l’inizio del periodo Yayoi è stata l’introduzione della coltivazione del riso. Quest’ultima sembra essere iniziata nel 1000 a.C., quindi in pieno Jōmon finale/tardo Jōmon, introdotta dalla vicina penisola coreana o dalle isole Ryūkyū nel Kyūshū, per poi diffondersi in tutto il Giappone fino quasi ad Aomori, nel nord dell’Honshū, proprio intorno al 500 a.C.

La rivoluzione tecnologica

La diffusione dell’agricoltura iniziò così nel sud del Giappone favorendo la creazione di villaggi stanziali e di una società sempre più organizzata e gerarchica. A questo si aggiunse la lavorazione del ferro, del bronzo e del vetro intorno al primo secolo d.C. Questa rivoluzione tecnologica permise di creare utensili da lavoro e la semplificazione della coltivazione per il sostentamento della comunità. La popolazione vide così un forte incremento demografico e la conseguente formazione di nuovi villaggi che si andarono formando sempre più a nord; i primi stanziamenti infatti crebbero a partire dal nord del Kyūshū, per poi spostarsi attraverso il mare interno di Seto fino alla zona nord-occidentale della baia di Ise attorno al 100 a.C. Da qui l’espansione continuò fino al nord-est di Honshū intorno al I secolo d.C. Il Giappone settentrionale e l’isola di Hokkaidō rimasero invece in una sorta di fase Jōmon almeno fino al 700 d.C.

Dōtaku

L’introduzione della lavorazione del ferro non produsse unicamente utensili da lavoro, ma monili, specchi, armi e in particolare le campane cerimoniali in bronzo, le dōtaku 銅鐸 どうたく.

Queste campane erano finemente decorate con motivi che rappresentavano la natura e gli animali, tra cui la libellula, la mantide religiosa e il ragno. Inoltre variavano in peso e grandezza, andando da una decina di centimetri a più di un metro di altezza. La scelta delle raffigurazioni ha un’importante valenza storica nel processo di sviluppo della religiosità nel Giappone. Le raffigurazioni rappresentavano sempre nemici naturali dei parassiti e degli insetti che danneggiano le coltivazioni delle risaie. Questo porta gli storici a credere che fossero usate come preghiera per auspicare un buon raccolto.

Un’ulteriore importante funzione era quella di allarme; percuotendo la campana era possibile avvisare di un pericolo imminente l’intera comunità che poteva così correre ai ripari.

Secondo molti studiosi queste campane erano proprietà dell’intera comunità, un bene prezioso di tutti. Alcune venivano possibilmente sotterrate per assorbire l’energia della terra o pregate per evocare le pioggie.

L’origine di queste campane non sembra però essere giapponese, ma di derivazione coreana o cinese. Infatti i popoli che abitavano l’antica territorio coreano utilizzavano delle campana più piccole come ornamento per i cavalli. In Cina invece esistevano già da tempo dei campanacci per il bestiame (ma senza batacchio) che il popolo Yayoi potrebbe aver importato ma a fini rituali dato che l’allevamento di bestiame non era ancora praticato nel Sol Levante.
Esiste anche un museo a loro dedicato presso nella città di Yasu, nella prefettura di Shiga.

Dōkyō

Altro manufatto caratteristico del periodo yayoi erano gli specchi in bronzo, i dōkyō 銅鏡どうきょう.
Gli specchi giapponesi riprendevano quelli già diffusi in Cina, erano simili nella forma e, almeno inizialmente, nello stile. Molti dōkyō si caratterizzavano per una nappa di seta rossa sul retro.

Questi oggetti avevano in Giappone un valore religioso; lo specchio del santuario di Suda Hachiman del V secolo è un tesoro nazionale del Giappone, soprattutto per l’importanza linguistica dei caratteri incisi sullo stesso. Secondo la sua iscrizione in rilievo è stato realizzato per un principe.
Inoltre proprio uno specchio di bronzo chiamato lo Yata no Kagami (八咫鏡) è una delle tre insegne imperiali del Giappone; Questo mitico specchio fu quello che spinse Amaterasu ad uscire dalla caverna nel celebre racconto mitologico.

Il popolo Yayoi

Il termine popolo Yayoi si usa per indicare sia gli agricoltori che i cacciatori-raccoglitori che vissero esclusivamente nell’arcipelago giapponese e furono protagonisti della transizione agricola. Identificare però gli Yayoi semplicemente come i discendenti del popolo Jōmon è errato. Infatti le tecnologie introdotte in Giappone non arrivarono certamente da sole, ma portate da coloro che vivevano nelle coste della penisola coreana. Il popolo Yayoi è quindi l’unione di due gruppi etnici diversi, quello jōmon e quello dei popoli venuti dal continente.
Anche in questo caso gli studiosi non hanno una risposta certa sul popolo Yayoi, e tantomeno sulle origini di coloro che portarono l’agricoltura e la lavorazione dei metalli nel Sol Levante. Possibilmente questi furono popoli originari dal sud est asiatico, dalla penisola coreana, immigrati dal Jiangnan vicino al delta del fiume Yangtze, o un misto di questi.

Sulla base di studi sui giapponesi moderni, la componente Yayoi costituisce l’ascendenza maggioritaria dei giapponesi, il popolo dal quale discende direttamente quello Yamato. È però errato pensare che i moderni giapponesi derivino esclusivamente dagli Yayoi, ma sono invero un insieme di origini diverse, dove questo rappresenta probabilmente la componente principale.

Elemento che non si può disconoscere è la presenza della lingua proto-giapponese nella penisola coreana, chiara dimostrazione di un’antica presenza Yayoi in quei territori.

Il regno di wa

Le poche informazioni che abbiamo sui regni Yayoi ci derivano dalle cronache cinesi e dai rapporti tra il Giappone e le corte imperiale del dragone. Nel Sol Levante ci sarebbero ancora voluti almeno tre secoli perché si cominciasse a usare la scrittura. Quello che conosciamo del periodo Yayoi è frutto dello studio dei manufatti ritrovati e degli scritti cinesi.

Nel libro degli Han posteriori, antico testo che copre il periodo storico della dinastia Han Orientale dal 25 al 220 d.C., si accenna al regno di Na, il Nakoku 奴国なこく, uno stato situato nell’odierna Fukuoka. L’imperatore cinese Guangwu concesse nel 57 d.C. un sigillo imperiale in oro, riconoscendolo come stato e suo vassallo, ricevendo poi in cambio diversi tributi e formali saluti di Capodanno. Curiosamente questo venne ritrovato solo 1500 anni più tardi da un contadino sull’isola di Shikanoshima durante il periodo Edo, confermando così gli antichi scritti.
Aggiungo che generalmente non è un regno particolarmente amato e ricordato dagli stessi giapponesi; il termine “nakoku” significa letteralmente “regno dei sottomessi”. L’ideogramma porta ancora oggi quest’accezione nel linguaggio comune come ad esempio nella parola “servo” o “schiavo”, ovvero “dorei” 奴隷どれい.

Le fonti cinesi del III secolo riportano che i popoli Wa vivevano di pesce crudo, verdure e riso serviti su vassoi di bambù e legno. Inoltre battevano le mani in segno di adorazione, gestualità ancora oggi presente nei santuari shintoisti. Si aggiunge poi che mantenevano relazioni tra vassalli e padroni, riscuotevano le tasse, avevano granai e mercati provinciali e osservavano il lutto. La società era descritta come organizzata ma contraddistinta da interne lotte violente.

Il mitico regno di Yamatai

Il mitico regno di Yamatai è ancora avvolto dal mistero. Non se ne trovano tracce nella storiografia giapponese, ma se ne accenna in quella cinese. Siamo venuti a conoscenza della sua esistenza grazie al Wei Chih, testo di cronache storiche cinesi che ci raccontano della sua esistenza e della sua regina-sciamana, la mitica Himiko. Secondo questo testo la donna governò dal 189 al 248 d.C., risiedette in un grande palazzo attorniato da torri e guardie armate e nessuno aveva il permesso di vederla eccezion fatta del fratello minore. Quest’ultimo si occupava di riportare le decisioni di Himiko.

Ad oggi l’ubicazione di Yamatai-koku e l’identità della sua regina sono ancora oggetto di ricerca. Sono stati suggeriti due possibili siti: Yoshinogari nella prefettura di Saga e Makimuku nella prefettura di Nara.

Il periodo Yayoi viene fatto terminare dagli storici con la diffusione di grandi tombe che daranno il nome al periodo successivo, il periodo Kofun.

Fonti
Wikipedia
http://www.t-net.ne.jp/~keally/yayoi.html
https://www.wa-pedia.com/history/origins_japanese_people.shtml