Origine di Kamikaze e Banzai e differenza tra gli attacchi

Le parole kamikaze e banzai sono divenute abbastanza conosciute in occidente, ma molto spesso non se ne conoscono le origini ed il profondo significato. I due termini si sono incrociati più volte nella storia recente giapponese, in particolare durante il secondo conflitto mondiale, ma hanno origini diverse.

In questo articolo scopriamo l’antica origine di queste parole e la differenza tra gli attacchi kamikaze e quelli banzai.

Kamikaze

Qando si pensa ai kamikaze oggi è facile che la mente vada agli atti terroristici degli ultimi anni o comunque agli aviatori giapponesi che si lanciavano sulle portaerei americane durante la seconda guerra mondiale.
In realtà l’origine di questo termine è ben diverso e si riferisce a degli avvenimenti accaduti quasi mille anni fa.

Kublai Khan

Il termine kamikaze 神風かみかぜ è composto da due ideogrammi che significano letteralmente “vento divino” e di riferisce a due leggendari tifoni che “salvarono” il Giappone nel 1274 e nel 1281 dall’invasione mongola.
I tentativi di conquista avvennero sotto il regno di Kublai Khan, famoso condottiero che fondò la prima dinastia cinese Yuan. Entrambbi questi attacchi si imbatterono in altrettanti tifoni che affondarono le navi mongole e permisero al Giappone di salvarsi. Il secondo tentativo di invasione si tentò con ben quattro mila navi e 140 mila uomini, e i giapponesi del tempo poco avrebbero potuto fare contro una tale armata superiore numericamente, militarmente e tecnologicamente.
I giapponesi considerarono i due cataclismi come un aiuto divino avvenuta per mano del dio Raijin (Kaminari-sama), dio di fulmini e tempeste.

A seguito dei due attacchi i mongoli non tentarono più un altra invasione, cambiando mira espansionistiche.

Attacco kamikaze

I diversi attacchi suicidi avvenuti durante la seconda guerra mondiale ricevettero questo nome solo per dare loro una connotazione quasi divina al gesto estremo. L’attacco aereo avrebbe dovuto aiutare il Giappone a salvarsi dall’avanzata straniera così come il vento degli tsunami scacciò i mongoli.

L’obiettivo degli aerei era creare scompiglio e panico e rallentare l’avanzate navale attraverso una pianificata strategia d’attacco suicida.

Fu il viceammiraglio Takijirō Ōnishi a creare la prima “Forza di attacco speciale”, tokubetsu kōgeki tai 特別とくべつ攻撃隊とうげきたい, abbreviato tokkōtai 特攻隊, diventando di fatto “il padre dei kamikaze” nell’accezione moderna. La scelta estrema fu data dalla necessita di proteggere le fondamentali basi nelle Filippine dall’avanzata degli alleati. Questi attacchi continuarono fino alla fine del conflitto mondiale in vari frangenti, non riuscendo però ad evitare la sconfitta al Giappone.

Gli aerei che partivano per attacchi kōgeki erano senza carrello di atterraggio, con struttura parzialmente in legno, benzina di sola andata e pensati quindi per non tornare. Non era prevista nessuna possibilità di “salvezza” del pilota.

Banzai

La parola Banzai è accostata nell’immaginario colletivo occidentale a quel grido poco prima di un gesto estremo o impavido; un atto di coraggio in cui dare se stessi per una precisa causa, anche a costo della propria vita.

In Cina

In realtà il termine banzai 万歳ばんざい ha origine antichissime. Deriva dal cinese e significa letteralmente 10 mila anni.

Nell’antica Cina, banzai o in cinese antico wànsuì 萬歲, era un augurio di lunga vita e buona salute. Divenne ad indirizzo esclusivo dell’imperatore durante la Dinastia Tang (618 – 907) e usarlo verso altri diventò persino reato durante la Dinastia Ming.
Recentemente si tributò Mao Zedong di questo saluto e nella porta di Tiananmen è possibile leggere un augurio di lunga alla Repubblica popolare Cinese utilizzando appuno “wansui”. Comunque dagli anni ’80 cessò di essere utilizzata formalmente

Piazza Tiananmen

In Giappone

Oggi l’uso di “banzai” in Giappone è collegato a momenti di giubilo o festa, come ad esempio l’aver assato un esame, e spesso è accompagnato dal gesto di alzare entrambe le braccia al cielo.

Il Giappone introdusse il termine intorno all’ VII secolo, ma come “banzei” e si usò come in Cina per salutare rispettosamente l’imperatore.

Il cambiamento avvene nel periodo della Restaurazione Meiji, quando nel 1889 fu promulgata la nuova costituzione e accolta al grido di “banzai” degli studenti universitari giapponesi verso l’allora imperatore Matsuhito.
Al contempo questo grido cominciò ad essere usato dai movimenti di destra al grudo di Jiyū Banzai, “lunga vita libertà”.

Questo grido divenne un vero e proprio mantra che venne utilizzato anche nelle campagne espansionistiche giapponesi in Russi e Cina di inizio ‘900, dando il nome ai famosi “attacchi banzai”. In qualche modo è paragonabile al grido “per il nostro re!” usato dai cavalieri prima di un feroce assalto.

Gli attacchi Banzai

Questo tipo di attacchi fanno parte dei gyokusai 玉砕ぎょくさい, traducibile come “morte onorevole”, ovvero gli attacchi suicidi che attingono la loro forza dal bushidō, il codice d’onore dei Samurai.
Durante il periodo Meiji il governo militare adottò i concetti del bushidō per influenzare la popolazione e formare una popolo leale e devoto al proprio imperatore. La risolutezza dei Samurai sempre pronto al gesto estremo difronte al presagio della sconfitta, era l’unica via percorribile dinanzi alla grande umiliazione della resa.

Gli attacchi Banzai non erano però attacchi suicidi, ma potenzialmente tali; nelle campagne cinesi e russe, i giapponesi portarono questi attacchi contro grandi eserciti imbracciando solo moschetti, riuscendo a mettere in fuga e sconfiggerli (ad esempio nella sanguinoso assedio di Porth Arthur). Da quel momento questi attacchi entrarono a far parte delle strategie militari giapponesi, che a fronte di un alto numero di perdite, portavano scompiglio e paura nelle file nemiche. Gli eserciti avversari si trovavano difronte a soldati che attaccavano a capo chino, senza timore per la propria vita, pronti a tutto.

Gli attacchi banzai avvennero anche durante la Seconda Guerra Mondiale, ma con effetti ben diversi per i giapponesi; qui la tecnologia delle armi automatiche rendeva vani questi attacchi che portavano solo al veloce trucidamento dei soldati e inutili massacri di uomini. Lo stesso generale Tadamichi Kuribayashi vietò i propri uomini di effettuare cariche banzai, conscio della loro inutilità.

La differenza

Attacchi kamikaze e banzai si utilizzarono durante la seconda guerra mondiale in contemporanea e per questo spesso confusi dagli occidentali. L’attacco banzai voleva rompere le linee nemiche e infiggere danni picologici al nemico anche a costo della vita. Erano attacchi potenzialmente suicidi, ma non era certa la sconfitta come la storia ci ha insegnato. Il soldato era conscio che stava facendo l’ultimo gesto che l’avrebbe portato alla vittoria o all’onorevole morte.

L’attacco kamikaze fu invece un gesto estremo per fermare gli alleati dove il pilota non aveva nessuna possibilità di salvezza; gli stessi aerei non erano costruiti per tornare come accennato sopra.

L’attacco kamikaze fu il prodotto di un indottrinamento dei soldati e della ricerca disperata di cambiare le sorti di una guerra che stava volgendo chiaramente in favore degli alleati. Un indottrinamento che trovò comunque terreno fertile in un popolo con il mito del Samurai, con un codice d’onore basato su cieca lealtà e obbedienza. Si pensi alla storia del soldato Hirō Onoda, che resistette fino agli anni ’70 nascosto nella giungla filippina, ma questa è un’altra incredibile storia..

Fonti:
Wikipedia
skdesu.com
historyofyesterday.com
jstor.org