Le caste sociali in Giappone nel periodo Edo

Il periodo Edo è stato protagonista di grandi cambiamenti socioculturali che hanno profondamente contribuito alla crescita del Giappone, con ripercussioni fino alla società contemporanea. Il rinnovato sistema sociale introdotto dal bakufu 幕府ばくふ, il governo militare, fù una delle chiavi per la creazione di un paese stabile, autarchico e totalitario.

Fino a quel momento il Giappone era stato dilaniato da continue lotte interne tra signori feudali. Questa instabilità segnò l’ascesa del guerriero, il samurai, figura cardine dell’intero periodo Sengoku (1467 e il 1603) in un paese spezzettato e in costante guerra tra potenti.
Il primo passo successivo alla riunificazione fù naturalmente quello di ricercare una concreta stabilità politica e sociale che rafforzasse il potere centrale e l’economia del Giappone.

La struttura sociale nel periodo Edo

Con l’inizio del periodo Edo (1603-1868) sopraggiunsero grandi novità nel Giappone del tempo, una delle quali coinvolse l’intera struttura sociale del neo-riunificato paese. Infatti seguendo la filosofia confuciana di ispirazione cinese, lo shogunato costituì una rigida divisione in caste; ogni individuo era assegnato ad una casta a seconda della propria professione, ed il figlio l’avrebbe ereditata.
L’obiettivo era raggiungere una stabilità sociale e politica dove ogni cosa era controllabile dal potere centrale.

L’aristocrazia

La struttura sociale, unita alla totale chiusura del Giappone del periodo sakoku 鎖国さこく, riuscì nell’obiettivo di dare stabilità al paese. Il Giappone ebbe così una rigida società piramidale con ai vertici l’aristocrazia del tempo con a capo l’imperatore, almeno ufficialmente.

L’imperatore

La figura dell’imperatore era al vertice ella società Edo e rappresentava la massima carica nella società. Però in realtà il suo potere era unicamente de jure, il governo del territorio era infatti principalmente nelle mani degli Shogun. L’imperatore e la corte imperiale risiedeva a Kyoto, capitale ufficiale del Giappone.

I nobili (kuge)

La classe nobiliare, i kuge 公家くげ, avevano grandi privilegi e influenze in ambito culturale ma ben poco in ambito politico. Avevano principalmente valore simbolico.

Shōgun

Lo Shōgun 将軍しょうぐん era colui che de facto governava il Giappone. Ufficialmente era il titolo che rappresentava il massimo grado della gerarchia militare del Samurai, il generale, ma nella realtà la sua influenza e il suo potere lo rendeva un vero e proprio dittatore militare nominato dall’imperatore. Deteneva così il potere militare, di politica estera e patrocinio feudale. La posizione dello shogun era ereditarea e fu mantenuta per tutto il periodo Edo dal clan dei Tokugawa con base appunto ad Edo, antica Tōkyō.

Daimyō

Rappresentavano la base della piramide aristocratica della società giapponese. I daimyō 大名だいみょう erano samurai di alto rango che similarmente agli Shogun detenevano parte del reale potere amministrativo sotto i loro feudi, gli han はん, delle divisioni non ufficiali che erano complementari alle province ufficiali. Generalmente si considerava daimyō un samurai con feudo dal valore di almeno 10000 koku こく. Dove un koku è la quantità di riso sufficiente a nutrire una persona per un anno (150 kg).

Oltre all’artistocrazia vie erano poi le caste sociali, divise in quattro parti, nate per stabilizzare la nazione.

Le quattro caste – shinōkōshō

La divisione in quattro caste prende il nome di shinōkōshō 士農工商しのうこうしょう e le sue regole riguardavano ogni ambito della vita del popolo. Ogni classe aveva precise norme di comportamento, tributi da versare, diritti di possesso e finanche regolamentazioni sull’abbigliamento e l’alimentazione. Il tutto faceva capo al potere centrale. Il termine shinōkōshō è l’unione delle letture dei kanji che corrispondono alle quattro caste: samurai contadini artigiani e mercanti .

I samurai

I samurai 侍(士) erano la classe dei nobili guerrieri e costituiva circa il 10% della popolazione dell’intero Giappone. Erano gli unici a cui era permesso possedere e portare con se lunghe spade (tachi o katana), diventando per questo simbolo del guerriero giappponese.

La loro funzione però cambiò, passando da guerrieri in battaglia a militari assoldati al grande signore di turno, impiegati spesso per lavori d’ufficio. È questo periodo di pace che vede paradossalmente crescere ancor più l’aura del samurai e del combattimento come forma d’arte.

I samurai erano stipendiati e avevano unch’essi una stratificazione sociale interna. I samurai di alto rango potevano accedere alle alte cariche come quella del daimyō, altri ambivano a incarichi di burocrazia e la classe minore veniva impiegata come guardia, messaggero o soldato semplice. Inoltre la posizione sociale era ereditaria.

I contadini

Seguendo la filosofia confuciana che teneva in alta considerazione coloro che producevano il cibo, nutrimento per la società, i contadini erano rispettati e appena al di sotto della classe samurai.

La loro vita era concentrata in piccoli villaggi dai quali raramente si spostavano a meno di piccoli lavori saltuari. Questa organizzazione favorì il rafforzamento del senso di collettività del gruppo, il villaggio era il centro del mondo. Ogni sforzo culturale, sociale e religioso, matsuri compreso, aveva lo scopo di consolidare il villaggio l’unione dei suoi abitanti aumentando al contempo il sospetto per chi venisse da fuori.

A differenza di altre parti del mondo, il contadino era proprietario della terra, produceva per se stesso e per il pagamento dei tributi da versare al daimyō. Questo sistema permetteva loro anche di acculmulare grandi ricchezze e influenza locale, ma non avevano facoltà di cambiare classe sociale.

Gli artigiani

La loro posizione sociale era inferiore rispetto a quella dei contadini poichè non producevano beni di prima necessità. Vivevano riuniti in interi quartieri nelle aree urbane, spesso intorno ai grandi castelli, per fornire a daimyō e samurai tutti i prodotti che gli bisognavano.

Mercanti

I mercanti erano l’ultima classe sociale della piramide gerarchice del Giappone dei Tokugawa. Vivevano come gli artigiani in quartieri intorno le città, e vanivano collocati alla base del sistema ufficiale poichè non producevano nessun bene.

Benchè fossero “l’ultima ruota del carro” con il tempo le loro ricchezze, a braccetto con la loro influenza, crebbe sempre più, arrivando a godere di un certo rispetto, con Osaka e Edo che diventarono la concentrazione della classe mercantile giapponese.

I burakumin

Discorso a parte va fatto per un intera classe sociale dei “fuori casta“, definiti “intoccabili”. I burakumin non rientravano nel sistema shinōkōshō poichè svolgevano lavori considerati impuri o si erano macchiati di crimini. Ma per approfondire questa complessa figura e come abbia eco din nella società contemporanea giapponese, vi rimando all’articolo dedicato.

La fine del sistema

La stabilità acquisita portò una costante crescita del paese, non venendo però incontro a esigenze e cambiamenti che mal si sposavano con la rigida gestione di una società in rapido cambiamento. L’avanzamento tecnologico del paese, l’urbanizzazione, il crescente consumismo e lo spostamento della ricchezza fuori dalla classe samurai portò all’inevitabile rottura di un sistema oramai stanco.

Le credenze confuciane si andarono così sgretolando e il Giappone, spinto dalla crescita, aprì i suoi confini mettendo fino al lungo sakoku. La popolazione e gli stessi samurai cominciarono infatti ad incolpare l’arretratezza del paese rispetto alle potenze occidentali e un movimento per la modernizzazione contro il feudalesimo riuscì a rovescire lo shogunato mettendo fine al periodo Tokygawa. Il sistema delle classi venne presto abolito, sostituito da una nuova struttura sociale. È il 1868, Inizia il periodo Meiji e la restauraione dell’intero Sol Levante.

Conclusione

Questo periodo storico apparentemente distante dalle dinamiche moderne, è in realtà strettamente legato al moderno Giappone. La restaurazione Meiji porto grandi cambiamenti e innovazioni ma non riuscì mai a eradicare il senso del “gruppo sociale”; una struttura piramidale che per tutto il novecento e ancora oggi rispecchia società e il lavoro nel Sol Levante. Il villaggio divenne l’azienda, i legami tra famiglie quelli con i vicini e i colleghi, l’indissolubile legame daimyō – contadino divenne la verticalità del rapporto aziendale capo-dipendente.

La società è equiparabile ad un essere vivente che cresce, cambia, si trasforma, ma non cancella del tutto il suo passato. La costante influenza occidentale nel Giappone contemporaneo sta rivoluzionando le dinamiche sociali, ma non attraverso una coercizione esterna, ma una lenta rielaborazione delle strutture interne, nel tentativo tutto giapponese di far coesistere antico e moderno.