Onna-musha 女武者: le “samurai donna” giapponesi!

Quando si pensa ai valorosi guerrrieri samurai, generalmente la memoria torna a Ona Nobunaga, Date Masamune, Tokugawa Ieyasu o Kusunoki Masashige, solo per citarne alcuni. In molti però non sanno che la classe guerriera giapponese non era unicamente ad appannaggio degli uomini, ma anche delle donne: le onna-musha.

Nomi come Tomoe Gozen, Hangaku Gozen o Ikeda Sen diranno ben poco alla maggior parte degli appassionati del Sol Levante, ma furono invece importanti figure storiche, protagoniste di grandi battaglie del Giappone.

L’etimologia

Prima di addentrarci nella storia delle guerriere del Giappone, principiamo dal termine stesso: onna-musha おんあしゃ, che significa letteralmente “donna guerriera”. Esiste però anche il termine onna-bugeisha おんあげいしゃ che viene spesso considerato un sinonimo, ma che porta con sè un significato leggermente diverso. Onna-bugeisha significa letteralmente “maestro di arti marziali donna”, che anticamente poteva ovviamente corrispondere con la figura del guerriero, facendo sì che le due parole si accavallassero.

Sorge però spontanea una domanda: il termine Samurai è utilizzabile per le donne?

Bella domanda ma non di semplice risposta. Dipende dal periodo storico. La figura del samurai è cambiata nei secoli, quindi potrebbe o meno coincidere con quella dell’onna-musha. Comunque in tempi moderni il termine samurai ha una connotazione maschile, benchè entrambi siano considerabili bushi 武士ぶし, ovvero guerrieri.

Onna-musha nella storia

Una domanda sorge quindi spontanea: perchè il loro mito non è arrivato forte come quello della loro controparte maschile? Che sia colpa di una società maschilista o ci sono altri motivi? Per capirlo dobbiamo analizzare la loro figura nel corso della storia e i cambiamenti che sono avvenuti nella società giapponese.

Periodo Kamakura

Il periodo Kamakura (1185 – 1333 d.C.) ha avuto come protagoniste certamente due donne guerriere: Tomoe Gozen ed Hengaku Gozen. La loro fama fu tale da portarle nella sfera del mito, tra chi ritiene reali le loro gesta che e chi attribuisce loro solo un l’alone della leggenda. Sappiamo per certo che entrambe vissero a cavallo tra il periodo Heian e il Kamakura, combattendo durante la guerra Genpei.

Tomoe Gozen

Tomoe Gozen

Tomoe Gozen ともえ 御前ごぜん è sicuramente tra le onna-musha più famose ed il suo mito ha influenzato generazioni di samurai oltre che aver ispirato libri, poesie, dipinti, musiche e, più recentemente, film.

La guerriera servì la famiglia Minamoto no Yoshinaka, prendendo parte alla guerra Genpei. Questo conflitto si protrasse dal 1180 al 1185 e vedeva contrapposti i Taira contro i Minamoto e avrebbe portato alla nascita del bafuku, il sistema dello shogunato. Suo padre, Nakahara Kanetō, fu infatti padre adottivo di Yoshinaka e lo appoggiò durante la guerra.

Le sue gesta sono raccontate nelle cronache dell’Heike monogatari, dove viene descritta come una donna di estrema bellezza, grande fascino e al contempo abile arciere e impareggiabile guerriera.
Secondo i le cronache a noi pervenute, Tomoe condusse vittoriosamente 300 samurai contro 2000 guerrieri Taira e nel 1184 prese parte alla battaglia di Awazu dove si narra che abbia finanche decapitato il capo del clan Musashi per poi presentre la testa Yoshinaka, suo comandante.
Benchè si abbiano scritti con versioni un po’ diverse delle sue gesta, come nel Genpei jōsuiki, rimane il fatto che lei rappresenta la più famosa e mitica tra le onna-mussha e abbia contribuito alla finale fittoria del clan Minamoto.

Hangaku Gozen

Hangaku Gozen

Se Tomoe Gozen lottò per la fazione dei Minamoto, Hangaku Gozen 坂額御前はんがくごぜん fù una fedele guerriera alleata con i Taira.

Il suo nome è passato alla storia per la rivolta di Kennin, dove difese per tre mesi un forte di legno a Toeizakayama dagli attacchi di Sasaki Moritsuna. Riuscì a respingere con 3000 uomini la furia di 10 mila guerrieri del clan Hōjō fino al momento questi ultimi però la ferirono e catturarono.

Le sue gesta sono narrate nell’Azuma Kagami, un testo di cronaca storica del tempo dove viene descritta come “senza paura e dalla bellezza di un fiore”, oltre che un’abile guerriera maestra del naginata 薙刀なぎなた, antica arma tradizionale giapponese simile ad una lancia.

Una fonte attendibile è quella del giornale Entairyaku dove il cancelliere Toin Kinkata (1291–1360 d.C.) accenna ad una grande predominanza di amazzoni provenienti da ovest. Questa pur breve descrizione ci assicura della presenza di numerose onna-musha che lottavano a fianco dei samurai giapponesi in quel periodo storico.

Periodo Sengoku

Il periodo Sengoku (1467-1615 d.C.) è stato caratterizzato da continue lotte di successione e guerre in tutto il Giappone. Questo è il periodo storico delle grandi gesta e battaglie dei samurai e dove non mancarono di certo le onna-musha. Tra le tante guerriere che combatterono durante il periodo Sengoku voglio citarne alcune come Onamihime, Akai Teruko e Ichikawa no Tsubone (che potete così in caso approfondire). Tengo però a parlarvi di due in particolare: Myōrinni e Ōhōri Tsurihime.

Myōrinni

Myōrinni 妙林尼みょうりんに fu moglie del samurai Yoshioka Akioki e servì il clan Tomo nel XVI secolo. Non si conosce in realtà il suo vero nome, infatti Myōrinni è il suo nome Dhrama, il nome acquisito durante il rituale di iniziazione buddista.
La sua fama deriva dalla sue eroiche gesta nella difesa del clan durante la campagna del Kyūshū (1586–1587) contro l’armata Shimazu.

Statua di Myorinni

Nel 1586 Myōrinni riuscì a proteggere il castello di Tsurusaki, contrastando gli attacchi di 3000 uomini. Per farlo organizzò fossati, issò palizzate e sparse trappole tutto intorno il castello. La sua difesa riuscì a respingere 16 attacchi, sfiancando gli avversari e limitando le proprie perdite ad un solo soldato. Myōrin non si limitò ad essere un’abile stratega ma lottò in prima persona armata di naginata e vestendo l’armatura.
In uno degli attacchi rimase però ferita e infine dovette contrattare la pace.

La furba Myōrinni però non si arrese e tramò vendetta dopo che il castello cadde sotto il controllo degli Shimazu. Alla prima occasione avvenuta tre mesi dopo non esitò a riconquistare il castello ubriacando i soldati e ingannando i comandanti Shimazu. Riuscì così a liberare il castello e scacciare i soldati nemici e ucciderne i comandanti.

Il suo coraggio, astuzia e abilità in battaglia rimasero così nella storia.

Ōhōri Tsurihime

Tsurihime Ōhōri

Ōhōri Tsurihime 大祝鶴姫 nacque nel 1526 da Ōhōri Yasumochi, sacerdote del santuario di Ōyamazumi sull’isola di Ōmishima.
A seguito della morte di malattia del padre e dei suoi frattelli in alcune battaglie tra i clan Ōuchi e Kōno a Shikoku, Tsurihime ereditò quindicenne la carica di sacerdote del santuario. Si ritrovò inoltre ad avere la responsabilità della difesa del santuario e dell’isola dagli Ōuchi.
La giovanissima Tsurihime aveva studiato sin da piccola le arti marziali e decise di difendere a tutti i costi la sua terra affermando di essere l’incarnazione divina di Mishima Myojin.
Riuscì cosi a respingere gli attacchi nel 1541 e una seconda volta quattro mesi più tardi.
Nel 1543 però si narrà che alla notizia della morte del giovane fidanzato in un’ennesima battaglia, non seppe reggere il dolore e si suicidò annegandosi, alla giovane età di diciannove anni.

È considerata da molti la “Giovanna d’Arco” del Giappone e viene ricordata ancora oggi al santuario di Ōyazumi dove è conservata un’armatura che si dice essere proprio quella indossata da Tsurihime.

Il periodo Edo

In questo periodo storico (1603-1868 d.C.) avvennero grandi cabiamenti sociali come la nascita dello shinōkōshō, lo spostamento della capitale a Edo e la chiusura dei confini per 200 anni. Solo per citarne alcuni.

Anche la figura dei bushi cambiò profondamente; il lungo periodo di pace li trasformò da valorosi guerrieri a uomini colti che si proccupavano più a definire e scrivere dell’arte della guerra che a farla.

Di conseguenza cambiò anche la condizione femminile, sempre più all’ombra dell’uomo in una società che affermava fortemente il patriarcato. La donna era colei che si doveva occupare della casa e della crescita della prole. Non era più la compagna di battaglia del periodo Sengoku ma mero strumento di procreazione. Secondo Ellis Amdur, esperto di arti marziali tradizionali, le coppie del tempo vivevano in stanze divise, non dormivano insieme e gli incontri erano quasi esclusivamente a scopi sessuali.

Questo non vuol dire le onna-musha scomparvero totalmente, ma la loro esistenza fu costellata di difficoltà, restrizioni e persino abusi. Molte donne portarono avanti lo studio delle arti marziali, diventarono in particolare esperte nell’suo del naginata, ancora oggi arma simbolo delle fiere guerriere giapponesi.

Gli storici discutono anche sulla possibile esistenza di donne ninja, le kunoichi クノイチ🥷 , esperte di spionaggio e ninjutsu. Ma ad oggi per quanto esistano degli antichi scritti che attestino la presenza delle donne nel mondo ninja, non è ancora chiara la loro posizione.

La storia giapponese ci ha lasciato però le imprese di altre onna-musha che lottarono contro l’armata imperiale durante la guerra Boshin di metà XIX secolo. La più famosa tra queste è Nakano Takeko.

Nakano Takeko

Nata a Edo da una famiglia Samurai nel 1847, Nakano Takeko 中野竹子なかのたけこ ricevette un’educazione colta fatta di studi classici e calligrafici. Non mancò però di perseguire anche lo studio delle arti marziali, diventando un esperta interprete del naginata che isegnò anche alla moglie del signore di Niwase, a Okayama, dove aveva trovato lavoro.

Nakano Takeko

Il mito di Takeko è tramandato grazie alle sue gesta avvenute durante la guerra Boshin, guerra che vedeva contrapposti chi supportava lo shogunato Tokugawa contro i sostenitori della restaurazione voluta dall’imperatore Meiji.
Nakano Takeko prese parte alla battaglia di Aizu, a capo di un gruppo di onna-musha poi ribattezzato Jōshitai 娘子隊, letteralmente “unità delle ragazze”, formato anche dalla madre e dalla sorella minore della stessa Takeko.

Senza il diretto permesso dell’ufficiale, Kayano Gonbei, l’unità attaccò all’arma bianca le truppe imperiali stanziate al ponte Yanagi.
Fu inizialmente fatale per l’armata imperiale l’esitazione seguita alla constatazione che tutta l’unità fosse composta da donne. Riposero infatti le armi da fuoco e cercarono di non ucciderle, ma questo portò a perdite ingenti. Capendo di aver sottovalutato la forza del nemico decisero di imbracciare i fucili e ebbero così la meglio sull’unità Jōshitai.

Takeko fu colpita al petto e come ultimo desiderio chiese alla sorella di essere decapitata e avere una sepoltura onorevole, così la testa dell’onnamusha fù seppellita ai piedi di un pino da un monaco del tempio di Hōkai.
Un monumento alla sua memoria fu poi eretto proprio accanto alla sua tomba.

L’eredità popolare

Scena dal videogioco “Ghost of Tshushima”

Le guerriere giapponesi sono scomparse materialmente con la fine del periodo Edo, ma il loro ricordo e la loro eredità è certamente rimasta ancora oggi. Sono numerose le opere cinematografiche o i taiga dorama che ne ripercorrono la storia e che ne fanno conoscere le gesta alle nuove generazioni. A qesto si aggiunge l’importante eredità lasciata nelle arti marziali o il loro ricordo sempre vivo grazie a matsuri cittadini, come a Hamatsu o Yanagawa.

O ancora i manga o le diverse serie di videogiochi che vedono la loro apparizione aiutano a non dimenticare l’importante ruolo che hanno svolto nell’antico Giappone. Un ruolo che non si limitava solo a imperatrici, donne di corte, scrittrici, geisha o sacerdotesse, ma anche coraggiose protagoniste nei campi di battagli accanto ai valorosi samurai.

Fonti:
Wikipedia
koryu.com