Tra le prime parole che si imparano in giapponese ci sono certamente i saluti. Ne sistono diversi, formali e non, ma fra questi la pronuncia di due in particolare creano confusione in chi comincia a studiare la lingua del Sol Levante (e non solo): Ciao こんにちは e buonasera こんばんは.
Il problema: Konnichiwa o konnichiha?
Senza girarci attorno, こんにちは si pronuncia konnichiwa. E lo stesso vale per la lettura di こんばんは che si pronuncia konbanwa.
Fugato ogni possibile dubbio sulla corretta pronuncia, rimane da comprendere perchè l’ultima sillaba は si legge wa e non “ha”.
Ogni studente di giapponese che ha diligentemente imparato il sillabario hiragana sa che わ si pronuncia wa mentre は si pronuncia ha. Quest’ultima però cambia lettura e si pronuncia wa se utilizzata come particella indicante il tema di una frase, ma in questo caso non c’è nessuna frase. Allora da dove deriva questa lettura?
L’ origine di konnichiwa e konbanwa
Questi due saluti sono in realtà una forma abbreviata, ovvero derivano da un antica frase formale giapponese utilizzata come forma di saluto: konnichi wa gokigen ikaga desuka (今日はご機嫌いかがでか), che letteralmente significava “com’è il vostro umore quest’oggi? “.
Allo stesso modo konbanwa deriva dalla medesima frase, ma dove konnichi 今日, che significa (quest’) oggi, è sostituito da konban 今晩, questa sera.
Esiete allora こんばんわ o こんにちわ?
La risposta e No, ma… è possibile incontrare entrambe le forme talvolta. Questi due errori di scrittura sono spesso voluti e utilizzai dai ragazzi più giovani. Ovviamente il mio suggerimento è di non scriverli mai a meno di essere certi che il nostro interlocutore sappia che si stia scherzando. Penso sia paragonabile al ke invece di “che” talvolta (troppo spesso -_-) usato in modo molto informale in italiano.
Inoltre dato che questo tipo di slang è abbastanza femmineo, se utilizzato da un uomo, potrebbe ricollegarsi alla sua omosessualità, quindi.. attenzione!
Questa semplificazione è avvenuta nel corso del tempo e non è da considerarsi una stranezza, anzi. Nella linguistica fenomeni simili come elisione o apocope sono presenti anche in italiano (si pensi ad esempio a po’ per poco).
Penso che si possa considerarli come la bellezza di una lingua viva, che si modifica e si evolve giorno dopo giorno similarmente alla società anch’essa in continuo mutamento.