I colori sono parte integrante della tradizione giapponese e, utilizzati nell’arte come nei tessuti, hanno un ampio ventaglio di sfumature cromatiche ben identificate. Alcuni in particolare sono caratteristici della cultura nipponica ed esistono libri dedicati che approfondiscono ad esempio i colori del Kimono.
Nel percorso di studio della lingua giapponese arriva il momento nel quale si imparano i principali colori e tra questi quelli utilizzati per indicarne due a noi chiaramente distinguibili: il verde rappresentato dall’ideogramma 緑 (midori) e il blu 青 (ao).
Semplice? Oggi assolutamente sì, ma non è sempre stato così… C’è stato un tempo in cui questi si sovrapponevano e ancora oggi ci sono casi in cui il kanji 青 di blu si usa per indicare il colore verde.
Com’è possibile non distinguere tra blu e verde?
Quello che per qualcuno è ovvio non lo è sempre anche per l’altro, no? Bene, questo principio è valido per diverse cose tra cui anche la distinzione linguistica tra blu e verde. E non si pensi che sia solo una caratteristica del giapponese, anzi è cosa diffusa in tanti popoli nel mondo!
Questo non significa che un popolo non riesce visivamente a distinguere la differenza tra i due colori, ma che possibilmente uno è considerato come tonalità dell’altro.
Senza addentrarci in questa interessante (ma complessa) distinzione, basti sapere che alcuni popoli come quelli europei ricollegano il verde a circa 520nm dello spettro visibile, mentre altri a 450–530 nm, quindi vicino al tono del nostro blu o al contrario chi lo accosta a toni vicino al verde/giallo tra i 530–590 nm.
Ribattezzerei il famoso detto in Paese che vai, verde (o blu) che trovi..
Il fenomeno linguistico
Colessificazione è il termine che i linguisti utilizzano per un unico termine che indica più concetti diversi tra loro. Nella lingua italiana per esempio abbiamo “riso” che indica sia l’alimento che il sorriso di una persona o in giapponese ashi 足 che può indicare sia la gamba che il piede.
C’era una volta ao 青
Come sappiamo gli ideogrammi giapponesi hanno origine da quelli cinesi e per capire questa mancata distinzione tra i due colori è da là che dobbiamo principiare.
In Cina il kanji che oggi si usa per indicare blu e verde sono rispettivamente 藍 (lán), che in giapponese invece si utilizza per il colore indigo, e 綠 (lǜ).
Esiste però anche un altro kanji utilizzato anticamente in Cina, 靑, da cui deriva il kanji giapponese 青.
Il kanji raffigurava la rappresentazione di un germoglio di una pianta, quindi il colore verde, anche se in realtà finì per essere utilizzato per i colori dal verde chiaro sul giallo fino al blu scuro cobalto. Oggi è raramente utilizzato in Cina come colore a se stante ma si trova generalmente nei composti, o quando ci si riferisce al verde naturale.
Il Giappone quindi eredita il kanji e con lui il suo ampio significato, con la principale differenza che 青 è tuttoggi comunemente utilizzato in terra nipponica, ma si collega al colore blu (e non al verde come in Cina).
Verde e blu in Giappone
Solo nel periodo Heian (794 – 1185) cominciò a diffondersi nel Sol Levante il termine midori 緑, l’odierno verde, ma sempre considerato come una tonalità del blu e non come un colore a se stante.
La distinzione tra verde e blu e l’utilizzo comune di midori 緑 per indicare il colore verde avvenne concretamente solo dopo la seconda guerra mondiale ed è oggi una differenziazione ben consolidata.
Ci sono eccezioni? ovviamente si! Le abitudini sono dure a morire, no? Quindi continuiamo a vedere il kanji di blu, ao, 青 ma con riferimento a verde nel caso di vegetazione o alcuni vegetali di colore verde.
Altra famosa eccezione è il semaforo verde, che i giapponesi chiamano invece aoshingo 青信号.
Esiste anche un comune modo di dire 彼はまだ青いな (kare wa mada aoi na) che indica una persona ancora giovane, quindi immatura. Questa si usa proprio perchè fino alla seconda guerra mondiale il colore verde, midori 緑, non veniva insegnato nelle scuole e di conseguenza i giovani studenti conoscevano solo il termine per il colore blu.
La distinzione ufficiale oggi
Dato che il colore ao 青 può dare confusione, oggi secondo il dizionario Gendai Kokugo Reikai Jiten gli si attribuisce una connotazione di ciano e si può utilizzare per uno spettro ampio di colori.
Il dizionario kōjien aggiunge che ao si può riferire sia al cielo che all’azzurro mare o al verde. Spiega anche che secondo una spiegazione storica, nell’antico Giappone gli unici colori erano aka 赤 (rosso), shiro 白 (bianco), kuro 黒 (nero) e ao 青(blu/verde). Questo dizionario sottolinea anche che storicamente ao poteva significava anche medatanu iro, ovvero un “colore opaco”, quindi usato anche per il grigio. Oggi ao copre colori distanti come ai (藍), un blu scuro, midori (緑), verde e sō (蒼), un verde scuro.
L’illustrazione sotto mostra le diverse sfumatore comprese ad oggi in ao 青.
Per chi è interessato all’affascinante mondo dei colori giapponesi, consiglio due testi:
Testo sulla combinazioni di colori secondo lo stile giapponese. In lingua inglese:
Testo illustrato dedicato ai colori del kimono. In lingua italiana:
Fonti:
Nihongomaster
Wikipedia
Quora
Sljfaq