Il bunraku, o jōruri, è un importante fetta del poliedrico mondo dell’arte teatrale giapponese, in particolare quella dedicata al mondo dei burattini. Questa forma forma di teatro ha antichissime origini e durante i secoli ha subito diversi cambiamenti, influenzata e influenzando kabuki e nō.
Inoltre anche questa forma di teatro giapponese è stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità dall’unesco insieme con il Kabuki e il Nō.
Kabuki o Jōruri?
Esistono due modi principali con i quali riferirsi al teatro dei burattini giapponese: bunraku e jōruri. Qual’è la differenza?
I due termini indicano la medesima cosa, ma hanno una storia diversa;
Jōruri 浄瑠璃
Il termine più antico è jōruri, più precisamente ningyō jōruri 人形浄瑠璃, traducibile letteralmente come bambole di lapislazzuli; ningyō significa infatti “bambola” e jōruri “lapislazzuli”. Lapislazzuli non si riferisce però alla pietra preziosa, bensì alla storia d’amore narrata dai cantastorie tra Ushimakamaru e la bella Jōruri, figlia di un notabile di provincia. Il racconto di questa storia, chiamato Jōruri jūnidan zōshi 浄瑠璃十二段草子, è tratta da alcuni episodi del Gikeki e si colloca intorno al 1530. La sua popolarità portò l’uso del termine jōruri per indicare ogni composizione narrata da professionisti, sia d’amore che non.
Il collegamento con il teatro dei burattini si ebbe intorno al 1600 quando la storia venne rappresentata accompagnadola con la musica dello shamisen e l’uso di burattini. Da quel momento il termine jōruri indicò in generale l’intero mondo del teatro dei burattini giapponese.
Bunraku 文楽
Il termine bunraku è più recente e deriva dal famoso Uemura Bunrakuken (1751-1811), famoso burattinaio che riformò e rilanciò ad Osaka il mondo del teatro dei burattini fondando anche un teatro, il Bunraku-za.
La sua freschezza compositiva e l’importanza ragiunta diede una spinta tale al jōruri del periodo che da quel momento ci si riferì allo spettacolo dei buratitni con il termine “bunraku”.
L’origine del Bunraku
Il bunraku, e in particolare l’uso dei burattini, ha antichissime origini ed è arduo rintracciarne una chiara origine.
Le antiche vaghe origini
Una primordiale forma di “burattino” è ricollegabile anche agli antichi riti religiosi precedenti al settimo secolo, dove i sacerdoti utilizzavano alcuni alberi di sakaki, muovendone le fronde e decorandoli, come una sorta di burattino. L’assenza di documenti scritti antecedenti al settimo secolo può solo far presuporre alcuni riti, ma non se ne ha la certezza.
Di certo il più antico burattino trovato risale al periodo Nara (710-784) proprio nell’omonima capitale del tempo.
Si conosce di certo una popolazione nomade che già intorno al X secolo utilizzava dei rudimentali burattini per creare semplici spettacoli su palcoscenici improvvisati. Questi nomadi venivano chiamati kugutsu mawashi, letteralmente “burattinai itineranti”, e viveno ai margini della società, sostentandosi attraverso arti divinatorie e con la prostituzione delle donne.
Per vari secoli non si sa molto altro dell’utilizzo di burattini nel Giappone.
È importante segnalare come intanto nel periodo Heian (794-1185) cominciavano a nascere le prime rappresentazioni a puro scopo di intrattenimento di monaci ciechi che suonando la biwa (successivamente lo shamisen) cantavano di gesta eroiche o grandi battaglie.
È inoltre conclarata l’influenza dell’antico sarugaku sulla futura nascita delle arti teatrali giapponesi, nō, kabuki, kyōgen e jōruri compreso. (Il sarugaku era l’antico intrattenimento importato dalla Cina non dissimile al circo odierno diffuso anticamente nel Giappone).
Secondo la tradizione la nascita del jōruri si ricollega a Menukiya Chōzaburō, primo narratore che sembra abbia fatto uso di un burattino e galeotto fu, come per l’arte Kabuki, il letto del sacro fiume Kamo di Kyōto, dove si radunavano attori, danzatrici e cantori del tempo.
Il periodo Tokugawa
La reale svolta per il teatro Jōruri fu il periodo Tokugawa (1603-1868) dove alcuni importati avvenimenti segnano il futuro del bunraku.
Il primo periodo
In primis l’avanzamento tecnologico e l’invenzione della stampa permise la trasposizione scritta della tradizione orale del tempo, favorendo la narrazione dei cantastorie e delle rappresentazioni.
Inoltre cominciò a nascere una tradizione letteraria dedicata al jōruri, a partire dai racconti con protagonista Kinpira e dei suoi quattro cavalieri al seguito. Le sue avventure fuorono molto apprezzate, con trame e personaggi semplici ma ricche di colpi di scena che divertivano o sorprendevano lo spettatore.
Sempre in questo periodo l’arte dei burattini si spostò intorno alla zona dell’odierna Ōsaka a seguito di vari incendi che colpirono Edo a metà del 1600. Proprio nella città del Kansai si andò sviluppando un nuovo stile di Jōruri, portato avanti da alcune figure importanti come Yamamoto Kakudayū, Inoue Harimanojō e Uji Kaganojō. Con il loro apporto, seppur con stili diversi, il teatro si evolve prendendo in prestito elementi e dinamiche narrative del teatro Nō. La maestria tecnica di Kakudayū, il realismo dei burattini di Harimanojō e la recitazione classica ed elegante di Kaganojō rinnovarono il bunraku.
Chikamatsu Monzaemon
Figura cardine del teatro fu Chikamatsu Monzaemon (1653 – 1724), talvolta definito come lo Shakspeare giapponese, compositore di opere sia jōruri che kabuki.
Nato in una famiglia samurai a servizio del Daimyo di Echizen, ebbe sin da fanciullo un’educazione classica. Nella sua lunga carriera scrisse circa cento opere, di cui trenta per kabuki e la restante parte per jōruri. Il suo nome è inoltre associato a importanti figure come Takemoto Gidayū, famoso cantore e Sakata Tōjūrō, vera star del mondo kabuki.
A lui si deve la nascita del genere sewamono, drammi dove si raccontano delle vicende del popolo e della gente comune. Ispirato da eventi del tempo nel 1703 scrive i Sonesaki Shinjū, l’amore suicida a Sonesaki, dando il via al genere dell’amore tormentato che terminava con il suicidio degli amanti.
Le sue opere spaziorono di vari generi, non mancando quelle a stampo eroico e influenzando l’intero mondo del teatro giapponese e le future generazioni. Ancora oggi è considerato il maggiore drammaturgo del periodo Edo, se non dell’intera storia del Giappone.
Gli anni d’oro e il declino
Il XVIII secolo è il periodo di massima diffusione e popolarità del Jōruri, periodo che riusci ad oscurare anche il popolare mondo del Kabuki. Proprio in questo periodo Isumo Takeda, successore di Chikamatsu, creò una delle opere più importanti dell’intera drammaturgia del Giappone: Kanadehon Chūshingura.
Kanadehon Chūshingura.
L’opera teatrale racconta una storia vera avvenuta agli inizi del XVIII secolo e messa in scena per la prima volta al teatro Takemotoza di Osaka nel 1748.
L’opera racconta le eroiche gesta di 47 ronin: un gruppo di samurai che vendicarono la morte del proprio signore, Asano Naganori, costretto al seppuku in seguito a un duello con Kira Yoshinaka che da tempo lo provocava.
I samurai insieme al proprio signore persero anche lo status di samurai, diventando così ronin.
I 47 ronin attesesero il giusto tempo perchè si calmassero le acque e assalirono Kira, uccidendolo e vendicando Asano.
Successivamente si ritirarono al tempio Segakuji dove si tolsero la vita come atto di estrema devozione per il proprio signore.
Quest’opera ha avuto un forte impatto sul Giappone e tutt’oggi è rappresentata in ogni forma di arte. Ricordiamo anche il capolavoro “ila vendetta dei 47 ronin” del famoso cineasta Akira Kuroasawa.
Dalla metà del XVIII comincerà un periodo di declino per lo jōruri in favore dell’ascesa del Kabuki, che culminerà con la chiusura del teatro Toyotakeza nel 1766 e Taketomoza nel 1767. Le cause erano attribuibili sia alla mancanza di figure di spicco e nuove opere che all’inasprimento delle misure adottate dal governo sul mondo del teatro del tempo, come il confinamento in quartieri periferici e varie limitazioni in costumi e sceneggiatura.
Il bunraku
Il termine bunraku deriva da Uemura Bunrakuken I (1737 1751?-1810), traghettatore del teatro dei burattini nel XIX secolo e fondatore del teatro Bunrakuza di Ōsaka.
Benchè oggi il termine indichi l’intero mondo del teatro dei burattini, un tempo era usato per riferirsi solo allo jōruri di Bunrakuken.
L’ottocento e parte del novecento videro gli alti e bassi del teatro di bunrakuken, e dei suoi successori, con diversi trasferimenti e rappresentazioni inscenate finanche in templi e santuari.
Le innovazioni e la figura femminile
Non mancarono comunque le innovazioni come il kuruma ningyō: una tecnica sviluppata indipendentemente dalla scuola di bunrakuken, che consentiva ad un singolo animatore di controllare l’intero burattino rimanendo seduto su una sorta di carretto con ruote.
Nasce a inizio ‘900 l’otome bunraku: con burattinai di sesso femminile che controllavano da sole l’intera burattino con dei cavi collegati alla varie parti del proprio corpo.
Infatti, ad esclusione dei primi anni del ‘600, la figura della donna era stata ai margini del mondo teatrale a seguito del divieto governativo e con la nascita dell’onna daigaku del 1629. Questo testo era un codice comportamentale di stampo neo confuciano che elencavano le proibizioni e i doveri della donna. Il divietò fu revocato solo dopo la restaurazione Meiji.
Comunque alle difficoltà della scuola bunraku del periodo si aggiunse anche la competione a fine ‘800 con il teatro Hikorokuza. Questo era fondato da ex performer del Bunrakuza entrati in conflitto con il teatro. Da questa serrata competizione di due scuole, distanti circa un chilometro, ne derivò una nuova età d’oro, con una rinata verve compositiva e nuovi maestri burattinai.
Il periodo durò però poco, dato che nel 1893 l’Hikorokuza fu costretto a chiudere per una serie di sfortune, tra l’incendio del teatro e la morte di importanti artisti.
Una sorte simile spettò anche al Bunrakuza che nel 1909 fu assorbito da un azienda d’intrattenimento del tempo, la Shochiku.
Anche in questo caso gli incendi e i conflitti mondiali non aiutarono il teatro che affrontò un’ennesima crisi. Solo dal 1963 con la nascita della fondazione Bunraku kyokai, il trasferimento dalla Shochiku alla gestione governativa ad Osaka e l’apertura del Teatro Nazionale del Bunraku si è raggiunta l’odierna stabilità.
Il palcoscenico
Il palcoscenico del Bunraku prende diversi elementi dal kabuki, ma adattandoli alle proprie esigenze. In alcuni teatri esiste l’hanamichi, la passerella che attraversa la platea nel kabuki, ma qui ha una parte più profonda che nasconde i burattinai. Inoltre il palco è generalmente diviso in tre parti attraverso pannelli in modo da suddividerlo in retro, centro e avanscena. La rappresentazione si svolge principalmente al centro del palco dove è presente il funazoko, una parte ribassata che permette il movimento dei burattinai.
A lato della scena sono poi presenti il narratore, il tayu, e i musicisti, generalmente suonatori di shamisen. Questi appaiono tramite una piattaforma roteante a inizio spettacolo, la yuka, che a fine spettacolo gira nuovamente portandoli dietro le quinte. L’armonia e l’affiatamento tra suonatore e narratore sono fondamentali per la riuscita della rappresentazione. Il narratore ha anche il compito di dar voce a tutti i personaggi del bunraku grazie alla sua tecnica e ai colori che dà alla voce.
Inoltre il teatro bunraku ha una dimensione minore rispetto a quello kabuki, poco più della metà. Questo per dare la possibilità a tutti gli spettatori di vedere chiaramente. Questo dettaglio si riflette ancora oggi sulle difficoltà economiche del teatro bunraku rispetto agli altri teatri che a fronte di ogni spettacolo ha incassi maggiori.
I burattini
Il termine giapponese per “burattino” è kugutsu 傀儡 e, da quel poco che si conosce,il suo uso deriva da scopi religiosi e curativi importato dai popoli dell’Asia Orientale introno all’VIII secolo.
La forma e la struttura del burattino passò da quella rudimentale iniziale fino a quella complessa con parti meccaniche interne del XVII secolo.
Ne esistono diversi tipi; da quelli con i fili come marionette, a quelli mossi mediante un bastone. Quelli comunemente usati nel bunraku hanno una struttura in legno che sorregge la testa del burattino e delle braccia imbottite di cotone.
In genere un burattino è grande un metro e mezzo e la testa è finemente intagliata da artigiani esperti che hanno il compito di crearne anche i delicti meccanismi interni.
I burattini più complessi hanno infatti un ingegnoso sistema di corde interno che permette al burattinaio di far muovere loro occhi, sopracciglie e, a seconda del burattino, di cambiarne persino il volto.
Oltre ad avere costumi di scena dedicati a seconda del personaggio, le parti esposte del burattino sono dipinte e vengono ritoccate prima id ogni spettacolo.
I burattinai
Muovere il burattino non è cosa semplice e necessita di ben tre burattinai; il burattinaio con meno esperienza si occupa delle gambe hashizukai, quello con un po’ più di esperienza del braccio sinistro hidarizukai e infine della testa e del braccio destro il maestro burattinaio, l’omozukai. Generalmente solo quest’ultimo ha il volto scoperto ed è in kimono tradizionale, mentre gli altri due burattinani sono vestiti completamente di nero e con il viso coperto.
Secondo la tradizione l’addestramento è molto severo e necessita di 30 anni per essere completato e debuttare come primo burattinaio sul palcoscenico. In particolare sono necessari dieci anni per muovere le gambe, altri dieci per il braccio sinistro e ulteriori dieci per coordinare i movimenti espressivi del volto e del braccio destro.
Conclusione
Il teatro dei burattini è un’altra importante parte della cultura giapponese perchè al pari del kabuki ha saputo interpretare il cambiamento dei tempi, ma al contempo ha assorbito la classicità del cerimonioso Nō. La sua vita tormentata da alti e bassi è quella del popolo giapponese, funestato da terremoti o incendi ma che si è sempre rialzato e rinato come araba fenice.
Fonti:
Wikipedia
sapere.it
wepa.unima.org
emb-japan.go.jp
ndl.go.jp