Il Giappone è un paese ricco di elementi che ne contraddistinguono immediatamente la cultura. Si possono trovare oggetti unici nell’arte, nell’architettura, nel mondo della cucina, in quello religioso religioso culturale e certamente il torii è uno dei simboli del Giappone nel mondo.
In generale il torii rappresenta un portale che divide il mondo sacro da quello impuro e profano e si trova in ogni santuario scintoista. Questa struttura apparentemente semplice cela un’importante parte della storia giapponese e merita di essere analizzata e approfondita.
L’origine
L’origine di questo portale non è certa ma secondo molti studiosi per capire da dove deriva è necessario volgere lo sguardo verso l’Asia continentale; in particolare all’India ed i suoi torana.
I torana sono portali a uso cerimoniale caratteristici dell’architettura induista, buddista e gianista. Strutture simili sono comunque presenti in tutta l’Asia orientale, possibilmente portate dal diffondersi del buddismo in Cina, Korea, Thailandia e Giappone.
Secondo altri studiosi il torii era invece presente in Giappone già prima dell’arrivo del buddismo, diffusosi nel periodo Nara (710-784), ma non esistono ad oggi prove concrete di nessuna teorie in particolare. Rimane comunque evidente una somiglianza con i torana indiani, ma questo potrebbe anche essere frutto di una successiva influenza buddista, dove il portale scintoista ha preso in prestito dai torana la caratteristica forma che conosciamo oggi. Quest’ultima tesi è avvalorata dal fatto che scintoismo e buddismo si sono influenzati e mischiati profondamente nei secoli fino alla loro scissione coatta avvenuta con la restaurazione Meiji.
Benchè il torii sia legato alla religione scintoista, ancora oggi possiamo trovarne all’interno di importanti templi buddisti come ad esempio il famoso Shitennōji di Osaka o l’Engaku-ji di Kamakura.
Infine esiste un’antica leggenda giapponese scritta nel Kojiki che spiega l’origine del sacro portale; si racconta che dopo che Amaterasu-ōmikami, la dea del sole, si nascose all’interno della grotta sacra, il mondo precipitò nell’oscurità. Gli altri kami cercarono quindi di trovare una soluzione per convincere Amaterasu a tornare nel mondo, così portarono davanti alla grotta dei galli e il loro canto fece uscire Amaterasu per vedere cosa stava succedendo.
In seguito, davanti ai santuari shintoisti, la gente iniziò a costruire dei posatoi per gli uccelli e, col tempo, questi posatoi divennero i torii che conosciamo oggi.
L’etimologia
Anche l’origine del termine è sconosciuta e le teorie non mancano. La prima è l’assonanza con torana con la quale condividerebbe la radice del termine.
Il termine torii è composto da due ideogrammi 鳥居 che significano letteralmente “residenza degli uccelli”. Si pensa infatti che possa essere l’abbreviazione per “tori-ita” o “tori-iyasu”, indicando il posatoio per uccelli; tori 鳥 in giapponese significa infatti “uccello”. Inoltre esistevano in Korea i sotdae che erano proprio dei lunghi pali in legno con alla sommità un uccello scolpito eretti in prossimità dell’entrata dei villaggi con lo scopo di scacciare gli spiriti maligni.
Un’altra ipotesi è che torii derivi da “tori-iru” 通り入る, letteralmente “entrare e attraversare”, dai verbi tooru 通る “attraversare” e iru 入る “entrare”.
L’uso del torii
La funzione principale del torii è indicare l’inizio di uno spazio sacro e puro. Per questo motivo è sempre posto all’inizio del tratto di strada, il sandō 参道, che conduce dall’entrata del santuario alla sua struttura principale. Talvolta i torii possono anche essere più di uno, indicando un progressivo aumento di sacralità fino ad arrivare al cuore del santuario.
Per chi li attraversa, Il torii rappresentano inoltre una prima forma di purificazione dall’impurita, il kegare, iniziando un percorso che passa anche per il lavaggio delle mani nel chōzuya 手水舎 per poi arrivare dinanzi alla struttura per i devoti, l’haiden 拝殿.
Vi sono santuari che hanno numerosissimi torii come ad esempio il Fushimi Inari Taisha di Kyoto dedicato al kami Inari, protettore degli affari e della fertilità, dove l’intero sandō è costellato di portali. In caso di successso negli affari è uso donare un torii al santuario in segno di gratitudine verso il kami e scrivervi sulla colonna il nome dell’azienda o del soggetto donatore.
Esistono torii ubicati anche zone particolare, come quello di Itsukushima che si trova in mare in prossimità dell’omonimo santuario, o si grandi scogli come nel caso del 0 o quelli recenti di Motonosumi costruiti negli anni ’50 su una scogliera.
Come già accennato prima, anticamente il torii si trovava anche all’entrata dei templi buddisti e ancora oggi non mancano templi che mantengono questi portali. Un altro esempio è la dea Benzaiten, divinità buddista di origine hindu, che viene però rappresentata sempre con dei torii. Questa commistione sincretica tra buddismo e scintoismo prende il nome di shinbutsu shūgō 神仏習合.
Le tipologie
Un comune torii è costruito in legno o pietra ed è generalmente colorato di rosso vermiglio con alcuni particolari in nero (esistono eccezioni.. si Kamakura-gū, mi riferisco anche a te..).
La struttura del torii può variare ma è costituita da tre parti fondamentali: i pilastri laterali chiamati hashira e due travi che le sormontano, chiamate rispettivamente nuki e kasagi. Il portale può così avere sia una forma molto semplice come nel caso dello shinmeii torii che una struttura complessa con numerose parti decorative.
Di seguito le sue parti (dal basso verso l’alto):
- Hashira 柱: il piloni che sorreggono la struttura. Alla base possono avere un anello in pietra chiamato kamebara 亀腹 o daiishi 台石 o una decorazione nera chiamata nemaki. Aquesti possono aggiungersi dei pilastri secondari chiamati chigobashira 稚児柱 presenti in alcuni tipi di torii. Nella parte superiore dell’ Hashira possono anche essere presenti dei capitelli a fini decorativi chiamati daiwa 台輪.
- Nuki 貫: Trave posta tra le colonne. Il nuki può essere fermato attraverso dei cunei chiamati kusabi. Talvolta al nuki è anche ancorata una corda sacra, lo shimienawa 注連縄.
- Kasagi 笠木: Un’architrava che sormonta le due hashira laterali. A questa può aggiungersi una seconda trave inferiore chiamata shimaki 島木. Può inoltre essere presente un grande timpano che sovrasta il kasagi chiamato hafu 破風. Talvolta può trovarsi un supporto tra kasagi e nuki a sostegno del primo chiamato Gakuzuka. Infine a quest’ultimo talvolta si aggiunge un piccolo timpano che prende il nome di sasu 叉首.
Inoltre secondo una classificazione generale i torii possono dividersi in due grandi famiglie: Shinmeii e myōjin.
I primi si contraddistinguono per avere architravi unicamente diritte, mentre gli altri presentano delle incurvature verso l’alto all’estremità. A seconda poi degli elementi che sopracitati che compongono il torii, quest’ultimo prende nomi diversi ma per maggiori informazioni vi rimando a questo link.
Conclusione
Quando si varca la soglia del torii è importante comprendere che si sta entrando in un’area sacra e l’individuo si appresta a fare un primo passo verso un processo purificatorio. Che si creda o meno invito a riflettere sul luogo in cui si trova e sul suo significato spirituale. Solo così penso che il visitatore possa godere appieno della visita al santuario; che si tartti di un credente, turista o semplice curioso.
Fonti:
wikipedia
d-museum.kokugakuin.ac.jp
giapponeinitalia.org
muza-chan.net