Il denaro al tempo dei Samurai: storia della valuta del Giappone

Durante la sua lunga storia il Giappone ha utilizzato varie forme di pagamento, partendo dal semplice baratto e arrivando fino all’odierno Yen. Ma vi siete mai chiesti quale moneta utilizzassero i Samurai? O ancora come venivano pagati i mercanti o come avvenivano gli scambi commerciali internazionali? Cosa si usava prima dell’avvento dello Yen? In questo articolo lo scopriremo!

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Baratto e moneta-merce

La primissima forma di scambio avvenne anche in Giappone attraverso il semplice baratto. Questo caratterizzò sia l’antico periodo della preistoria, il jōmon, che quello Yayoi. A partire dal Kofun, ed in particolare poi intorno al VII secolo, si cominciarono a formare società sempre più complesse e lo sviluppo delle attività commerciali portò rese necessario l’utilizzo di una forma di pagamento indiretto. Offrire infatti cinque capre per un’armatura non era una strada percorribile (scambio da me appena inventato, sia chiaro..).

Lo scambio diretto lasciò così il posto alla moneta merce, ovvero il baratto mediato. Questo si concretizzava dall’uso di una merce terza che le parti interessate utilizzavano come valore ponte. Questa forma di “moneta” si doveva caratterizzare di quattro elementi fondamentali: non essere deperibile, di larga diffusione e diffusa accettazione, di semplice verifica di qualità e semplice trasporto.

Nel caso del Giappone come “moneta scambio” erano utilizzate le punte di freccia, i chicchi di riso e la polvere d’oro. Ciò contrastava in qualche modo con paesi come la Cina, dove uno degli elementi più importanti della moneta-merce proveniva dai mari del sud: le conchiglie. Queste ultime rimarranno però un simbolo di danaro in tutto l’estremo oriente, Giappone compreso. Non è un caso se nell’ideogramma usato nel verbo “comprare” kau う ci sia proprio quello che significa “conchiglia” 貝. Ma non solo, il radicale di conchiglia lo si trova in numerosi termini legati al denaro e ancora oggi usati: portafoglio (saifu) さい, monete (kōka) こう, bōeki (commercio internazionale) 貿ぼうえき, kahei (valuta) へい, ecc..

La prima moneta

Le prime monete ritrovate in Giappone risalgono al periodo Yayoi e sono di origine cinese, si tratta infatti delle Ban Liang e delle Wu Zhu. Gli studiosi sono concordi però nel credere che fossero unicamente usate come oggetti preziosi e non come denaro.

Le prime monete prodotte in Giappone furono le Mumonginsen 無文銀銭むもんぎんせん, traducibile come “monete d’argento senza iscrizione”. In seguito si usò una lega di rame, piombo e stagno per creare le Fuhonsen 富本銭ふほんせん intorno alla fine del VII secolo.

Ne 708 d.C. la principessa Genmei ordinò che venisse coniata la Wadōkaichin 和同開珎わどうかいちん, la prima moneta ufficialmente riconosciuta che faceva parte del sistema di valuta imperiale, il Kōchōsen 皇朝銭こうちょうせん. La moneta aveva le stesse specifiche di quella cinese: un diametro di 2,4cm, pesava 3,75 g e un foro quadrato al centro.

Una prima riforma avvenne nel 760 d.C a causa del degrado della moneta povera di metallo e alla prosperzione di riproduzioni da parte di falsari. Vennero così create monete di rame, argento e oro, ognuna rispettivamente dal valore dieci volte maggiore dell’altra.

La grande crisi finanziaria

Le crisi finanziarie e l’inflazione non sono fenomeni circoscritti all’epoca odierna ma, come ben sanno gli storici, si ripresentano ciclicamente nella storia. Così entro la metà del IX secolo, il valore di una moneta rapportata al riso era sceso a 1/150 del suo valore all’inizio dell’VIII secolo. Entro la fine del X secolo, aggravato dalle debolezze del sistema politico, ciò portò all’abbandono del Kōchōsen ed a ritorno al riso come forma di valuta principale.

Questo cambiamento ebbe un grande impatto nel sistema sociale giapponese e fece emergere diverse problematiche legate agli scambi commerciali.

Mon 文, Bu 分, Shu 朱 e ryō 両

Nel periodo Kamakura si sviluppò un abbozzo di nuovo sistema monetario, utilizzato in principio solo localmente, che sarebbe diventato la base di quello Tokugawa del periodo Edo.
Nel 1336 nacquero il Ryō りょう ed i suoi sottomultipli, lo Shu しゅ, il Bu ed il Mon もん. In particolare uno Ryō valeva 4 Bu, 16 Shu o 4.000 Mon e derivava da un’unita di peso cinese. Il taglio maggiore era quindi il Ryō, un pezzo d’oro di 16,5 grammi usato come riferimento di valore che accompagnò il Giappone nelle riforme future, antesignano dello yen moderno.
In questa fase storica però il valore della moneta non era ancora fissato da un governo centrale e spesso si scambiavano con altre monete locali in relazione al peso o ancora si utilizzava come riferimento il riso, calcolato in koku 石 (dove un koku constava di 150 kg riso, ovvero la quantità di riso che era considerata sufficiente a nutrire una persona per un anno).

La moneta cinese

L’aumento dei rapporti commerciali con i vicini coreani e cinesi rese difficile continuare a basare la propria economia su un sistema ancora legato al riso, senza un valore fisso o un sistema centrale.
A partire dalla fine del periodo Heian si scelse di importare monete direttamente dalla Cina. Queste arrivarono via mare, sia attraverso scambi commerciali che tramite gli attacchi poco leciti dei wakō こう, i pirati che imperversavano i mari dell’est.
L’uso delle monete cinesi fu incentivato dalla semplicità del commercio tra i due paesi; l’utilizzo della moneta dell’Impero del Dragone evitava i problemi di cambio e velocizzava l’importazione ed esportazione di merci. Il risultato fu l’interruzione di produzione delle propria moneta di rame, almeno fino al 1587.
Ovviamente le monete importate dalla Cina non furono sufficienti a soddisfare la richiesta del Giappone, favorendo proprio la nascita di copie e imitazioni che cominciarono a circolare nel paese. Il valore delle monete-copia cinesi fatte in Giappone era però ben più basso rispetto alle monete originali, portando a uno squilibrio nel rapporti commerciali ed in generale ad una confusione che perdurò fino al periodo Edo.

La nuova riforma valutaria del periodo Edo

La crescente economia che si sviluppò con il periodo Edo non potè più essere sostenuta da un sistema basato su valuta minore o addirittura su di una moneta estera importata, necessitò invece di una nuova moneta dal valore maggiore.
I Tokugawa, riunito il paese sotto un’unica bandiera con Hideyoshi, centralizzarono la maggior parte del conio di monete d’argento e d’oro di grosso taglio, ponendo di fatto le basi per un sistema monetario unificato. Nel 1588 nacque il primo esperimento di moneta di grande valore, il Tenshō Ōban 天正大判てんしょうおおばん, un disco d’oro, e di seguito i Bundōkin 分銅金ぶんどうきん in due diversi tagli.

Il sistema tokugawa

Per l’intero periodo Edo il Giappone, chiuso nel suo sakoku, sviluppò una propria economia che pose le basi per il sistema di valuta usato in tempi odierni.

Per quanto fenomeni di fluttuazioni di valore non mancarono nei rapporto agli scambi commerciali con l’estero, il valore del denaro restò fisso e si basò su un triplo standard monetario: monete d’oro, d’argento e di bronzo, ciascuna con il proprio taglio.
I tagli utilizzati si basarono sempre sempre Mon, Bu, Shu e Ryō per indicarne il valore ma in particolare nacque l’Ōban 大判おおばん che valeva 10 Ryō, delle monete d’oro oblunghe, e il Koban ばん che conteneva circa un ryō d’oro e veniva chiamato per questo anche “un Ryō”.
Il tasso ufficiale fu fissato nel 1609 a un Ryō era pari a 60 Monme (circa 187 grammi) d’argento, o a 4000 monete d’ottone. Il monme 匁 era un’antica unità di peso che valeva 3,75 grammi. Comunque, i successivi conii di koban variarono di frequente le quantità di oro al loro interno. Così, il ryō come unità di peso d’oro e il ryō come valuta del koban non furono più sinonimi.

A questi si aggiunsero anche il Nibuban 二分判にぶばん e l’Ichibuban 一分判いちぶばん, rispettivamente dal valore di mezzo ed 1/4 koban. Erano dei piccoli “lingotti” composti d’oro e argento.

La moneta di uso comune tra il popolo ed usata per i piccoli pagamenti era invece il Kan’ei Tsūhō 寛永通宝かんえいつうほう, moneta in rame che valeva un mon (nel 1768 ne venne creata anche una dal valore di 4 mon).

Per i più curiosi aggiungo che il Maneki Neko, il gatto portafortuna, è spesso raffigurato con in mano proprio un koban, ma questo in realtà ha in mano il taglio di dieci milioni di Ryō scritto sopra.
Inoltre gli amanti dei videogiochi ricorderanno che nel gioco Super Mario Odyssey, le monete regionali del Regno di Bowser, ambientato nel Giappone feudale, sono dei koban ma con la faccia di Bowser. La storia non ci abbandona mai, ritorna sempre.

I tagli maggiori

Monete d’oro 金貨きんか: (ryō りょ; bu ; shu しゅ)
Il sistema numerico quaternario era utilizzato come unità contabile per le monete d’oro. Il valore nominale di tutti i tipi di koban 小判 era di 1 ryo 両.

1 ryo =4 bu
1 bu =4 shu
1 ryo=16 shu

Monete d’argento 銀貨ぎんか: (kan かん; momme もんめ; fun 分; rin りん; mo )
Le denominazioni di peso erano utilizzate come unità contabile per le monete d’argento.Fun, rin e mou erano le parti decimali di un momme, che era l’unità di base delle monete d’argento. Unità di base delle monete d’argento.

1 kan =1000 monme
1 monme =10 fun
1 fun =10 rin
1 rin =10 mo

Monete di rame 銭貨せんか: (kan-mon 貫文かんもん; mon もん)
L’unità contabile delle monete di rame era il mon.

1 kan mon =1000 mon
1 mon = una moneta di rame

Se magari avete giocato al videogioco Like a Dragon: ISHIN!, spin-off della celebre serie Yakuza ambientato proprio durante gli ultimi anni del periodo Edo, avrete visto una parte di questi tagli.

Le prime banconote: le Hansatsu

Il Giappone feudale del periodo Edo era diviso in circa 250 provincie, chiamate “han” はん, controllate e gestite dai daimyō. Questi dovevano pagare un tributo allo Shogun in base al valore del proprio feudo calcolato in koku, i 150 kg di riso di cui avevo accennato prima. Un han corrispondeva a una provincia che doveva produrre almeno 10 mila koku.

Le han-satsu 藩札はんさつ erano così letteralmente le “banconote del feudo”, una forma cartacea di pagamento che ricorda la cambiale e che veniva usata dai commercianti. Queste banconote rappresentavano una determinata quantità di un bene, generalmente argento ma anche oro, riso, rame, o finanche sake. Il loro uso fu ispirato da un sacerdote mercante dell’area di Ise-Yamada che nel 1600 emise delle ricevute cartacee, le prime della storia del Giappone chiamate Yamada Hagaki, convertibili in monete d’argento utili per il piccolo cambio solo in quell’aria.

Ovviamente le hansatsu erano da una parte comode ma allo stesso tempo molto più rischiose perché spendibili sollo all’interno del feudo e strettamente legato alle condizioni dello stesso. Se una provincia fosse caduta in disgrazia, anche queste banconote rischiavano di diventare carta straccia. Proprio questo accadde per esempio alla provincia di Akō con la morte del suo Daimyō Asano, una vicenda che portò alla celeberrimo racconto dei 47 ronin, ma questa è un’altra storia…

Il sistema degli han fu abolito nel 1871 con la fine dello shogunato e tutti i daimyō furono costretti a restituire i loro poteri all’imperatore Meiji. Il sistema feudale venne infatti sostituito con un sistema di Prefetture e così le hansatsu scomparvero, convertite fino al 1879 per poi perdere ogni valore.

L’arrivo dello Yen

Il Giappone si ritrovò nel 1958 in una situazione critica. La strada verso l’apertura dei confini ed i rapporti commerciali con l’estero si imbatterono cambiamento mondiale nel valore tra argento e oro.
Fuori i confini del Sol Levante l’oro aveva una valutazione molto di alta dell’argento, fenomeno che spinse gli stranieri a portare l’argento nel neo aperto Giappone per scambiarlo con l’oro a un tasso vantaggioso. Inoltre, i paesi occidentali come gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna, imposero trattati ineguali ai giapponesi che includevano il libero commercio, il libero flusso monetario e tariffe basse. Ciò portò a un massiccio deflusso di oro dal paese, con gli stranieri che scambiavano il loro argento con le monete giapponesi e successivamente scambiandole nuovamente con l’oro, ottenendo un profitto considerevole che arrivava fino al 200%.

Questo deflusso di oro danneggiò il sistema aureo del Giappone e lo costrinse a tornare a un sistema basato sul peso con tassi internazionali. Per adattarsi ai rapporti di cambio oro-argento stranieri, il governo giapponese si trovò costretto a ridurre il contenuto d’oro delle sue monete. Questo causò una profonda inflazione e il governo fu costretto a emettere cartamoneta non garantita.

Questi eventi contribuirono al malcontento durante il periodo Bakumatsu, alla caduta dello shogunato e alla conseguente guerra Boshin che portò poi all’inizio dell’era Meiji con un nuovo sistema monetario basato sullo Yen.

Fonti:
Wikipedia
2.econ.osaka-u.ac.jp (PDF)
orodicarta.it
imes.boj.or.jp