Sei Shōnagōn ed il Makura no sōshi

Sei Shōnagon – Kobayashi Kiyochika (1896). Los Angeles County Museum of Art, Public domain, via Wikimedia Commons

La letteratura giapponese è molto vasta ed oggi basta entrare in una qualunque libreria per accorgerci come siano numerosi gli scrittori che hanno saputo entrare nel cuore di noi lettori occidentali. La scrittura e lo stile degli autori del Sol Levante è unica e, anche grazie ad eccellenti traduttori, è riuscita ad arrivare al grande pubblico. Questo fenomeno è nato a mio avviso con Banana Yoshimoto, passando per Kenzaburō Ōe, Ito Ogawa, Osamu Dazai, Yukio Mishima e Haruki Murakami, ad oggi il più letto al mondo. Questo solo per citarne alcuni e non me ne vogliano i tanti autori altri altrettanto valevoli.

Se però volgiamo uno sguardo al passato, viaggiando oltre periodo Edo (1603 – 1868) ed il suo sakoku, andando ancor più a ritroso attraverso le grandi battaglie del periodo Sengoku (1467 – 1603), perfino più indietro navigando oltre il periodo Kamakura (1185 – 1333), giungiamo ad un periodo di assoluta magnificenza e squisitezza poetica e letteraria giapponese: il periodo Heian (794-1185).

Proprio qui ormeggiamo la nostra imbarcazione immaginifica e lanciamo gli ormeggi per conoscere una scrittrice e poetessa che ha di fatto creato lo Zuihitsu ずいひつ, genere letterario tutto giapponese che ha ispirato per secoli scrittori e poeti: Sei Shōnagōn せい少納言しょうなごん.

Zuihitsu 随筆

Lo Zuihitsu è un genere letterario giapponese caratterizzato da una struttura frammentaria e non lineare. Il termine “zuihitsu” significa letteralmente “seguire (随) il pennello (筆)”, suggerendo un flusso di pensieri spontanei e liberi, senza un ordine prestabilito. Gli autori di zuihitsu mescolano riflessioni personali, osservazioni quotidiane, poesie, aneddoti e meditazioni filosofiche, creando un’opera eterogenea e spesso intima. Questi non vanno però confusi con il nikki 日記にっき (anche se ha alcuni elementi comuni), ovvero degli scritti più simili a diari autobiografici, meno frammentati e cronologici.

Questo genere venne rivalutato ed apprezzato in particolare nel periodo Kamakura (anche grazie allo scrittore Yoshida Kenko), quando lo spostamento della capitale a Kamakura portò disillusione e confusione in molti letterati che volsero la propria vita ai principi dell’ascetismo buddista, abbracciando nella solitudine la libertà e fluidità espressiva dello Zuihisu.

Il testo più celebre e iniziatore di questo genere è il Makura no Sōshi まくらそうし (“Note del guanciale”) di Sei Shōnagon. Lo Zuihitsu riflette l’estetica giapponese del mono no aware ものあわれ, la consapevolezza della transitorietà delle cose, e dell’ukiyo うき, la comprensione del “mondo fluttuante”. Questo genere letterario ha influenzato profondamente la letteratura giapponese, permettendo agli autori di esprimere in modo personale, de-schematizzato, naturale e fluido la propria esperienza del mondo.

Okashi vs mono no oware

Quando si parla di Sei Shōnagōn e del suo Makura no Sōshi è impossibile non soffermarsi sul suo stile di scrittura unico e controtendenza per il tempo. In particolare l’okashi, termine che nel giapponese moderno indica qualcosa di “strano” ma che porta anche il senso di divertente, comico, ridicolo o sorprendente. La scrittrice lo utilizzerà per ben 445 volte.

Gli studiosi si riferiscano così allo stile okashi come un poetare fatto di quel senso di continua sorpresa, delizia per quel che accade intorno a se, gioie e curiosità per la natura ed il mondo in ogni sua sfaccettatura. Okashi diventa così il senso di scoperta della scrittrice e del lettore, dove anche una semplice pioggia diventa motivo di entusiasmo e apprezzamento del momento.

Questo si contrappone al mono no oware, stile che letteralmente significa “malinconia delle cose”, dove la partecipazione emotiva verso la scoperta delle cose è accompagnato dal senso di malinconia della consapevolezza della loro incessante mutevolezza e transitorietà.

Vita e origini

Le informazioni personali in merito alla vita di Sei Shōnagōn sono poche e frammentate. In. buona parte derivano principalmente dal suo celebre capolavoro e poco si conosce di lei al di fuori di quanto da esso estrapolabile.

Il nome

Il nome Sei Shōnagōn non è certamente il suo vero nome, ma il nome che adottò quando entrò nella corte imperiale dove era uso dare alle donne il nome della carica del padre o del marito. “Sei” 清 è la lettura onyomi, quindi sino-giapponese, del primo carattere della sua famiglia di appartenenza, i Kiyohara 清原, influenti e potente clan del nord del Giappone. “Shōnagōn” 少納言 indicava la carica di “consigliere minore”, titolo che però non ci è chiaro da dove derivi poiché ne il padre ne i due consorti a noi conosciuti ricoprivano tale ruolo nella corte. Si suppone così di un eventuale terzo matrimonio di cui non abbiamo certezza.

Benché non si conosca con sicurezza il suo vero nome, tra gli studiosi si crede possa essere stato Kiyohara no Nagiko (清原 諾子).

Le origini e la sua vita

Yoshitora Utagawa – www.mfa.org

Sei Shōnagōn nacque nel 966 d.C. e crebbe in una famiglia abbiente, la Kiyohara, dove ricevette una profonda educazione classica, al tempo incentrata sullo studio degli antichi classici cinesi. Lo riscontriamo dalle numerose poesie che lei stessa cita e accenna in tutto il suo capolavoro. Il padre inoltre era Kiyohara no Motosuke, noto poeta di waka, così come a sua volta il nonno, Kiyohara no Fukayabu.

A partire dal 993 iniziò a prestare i suoi servizi presso l’imperatrice Teishi come dama di compagnia, nyōbō にょうぼう, alla la corte imperiale di Kyōto dove rimase fino al 1001 quando cadde in disgrazia insieme ad altre dame in seguito alla morte dell’imperatrice. Durante questo periodo Sei Shōnagōn si allontanò raramente dalla corte imperiale, com’era uso fare al tempo, e seppe regalarci una descrizione preziosa, pungente, acuta, a tratti ironica e sempre sagace di quel che accadeva e la circondava.

La scrittrice e poetessa era inoltre nota per una grande memoria, senso dell’ironia, schiettezza e talvolta apparente cinismo. Non nascondeva le sue capacità e di certo trapela dalla lettura una nota di egocentrismo e consapevolezza delle sue capacità e cultura (es. cap. 105). Di se stessa aveva grande considerazione ma affermava al contempo di essere una donna anche crudele (cap.312).

Al termine del suo servizio a corte sappiamo molto poco di lei. Secondo alcune fonti potrebbe aver sposato Fujiwara no Muneyo, governatore della provincia di Settsu, e aver avuto una figlia, Koma no Myobu, ma atre testimonianze suggeriscono che sia diventata una monaca buddista. La sua morte è databile secondo gli studiosi nel 1017 o nel 1025.

Makura no Sōshi

Il Makura no Sōshi è un’opera di genere zuihitsu, caratterizzata da una struttura frammentaria e non lineare. Consiste in una serie di brevi testi, spesso divisi in sezioni tematiche, che coprono un’ampia gamma di argomenti, dai più quotidiani ai più elevati. Rappresenta così un’importante fonte di informazioni per storici e letterati per le numerose descrizioni di eventi, abitudini, ritualità e usi della corte del periodo Heian visti da una prospettiva assolutamente unica.

L’opera ha avuto nei secoli numerose revisioni, alcune con aggiunte e variazioni durante la fase di copiatura. Proprio la sua frammentarietà ha portato a suddividere le sue parti in vari capitoli ed oggi le traduzioni si basano sulla versione ritenuta più fedele che risale al 1228 per opera del politico e letterario Fujiwara no Teika.

Il titolo dell’opera

Il nome dell’opera ha molteplici letture; una prima può abbinare il “guanciale” ad un’immagine metaforica di pensieri intimi, un oggetto associato alla sfera privata, alla riflessione personale e alla tranquillità della camera da letto.
Un’altra interpretazione vede il “guanciale” come un luogo simbolico dove l’autrice poteva riporre fisicamente o metaforicamente i suoi appunti. Nell’antico Giappone, si pensava che le persone conservassero sotto il guanciale oggetti preziosi o importanti, e in questo contesto, il titolo potrebbe indicare una raccolta di appunti preziosi e personali. Inoltre una possibile informazione è riscontrabile al capitoletto 317, dove Sei Shōnagōn afferma che avrebbe usato dei fogli poi messi nel guanciale dove appuntare i propri scritti.

Il fine

È interessante comprendere che quest’opera nacque come produzione intima e spontanea dell’autrice, non per essere divulgata. Secondo quanto affermato dalla stessa autrice (cap.317), il Makura no sōshi era un’insieme di riflessioni e annotazioni private e lei stessa si lamenterà della sua diffusione nella parte finale del suo scritto.
Al contempo sono riscontrabili alcuni passaggi dello stesso che invece sembrano alludere ad un opera forse commissionata o comunque nata sotto il volere di qualcuno. Quel che è probabile è che già fosse conosciuta e diffusa a corte dal 995 o 996.

Sei Shōnagon inizia la stesura di Le Note del Guanciale quando l’influenza di Teishi e dei Fujiwara è già in declino. Tuttavia l’opera mostra solo pochi e vaghi riferimenti al conflitto che si sta verificando in seno alla corte. Non cita le lotte fratricide, i grandi disastri, le calamità, gli incendi di palazzo e omettendo vari importanti eventi. Al contrario, l’autrice dà grande rilievo alle celebrazioni della vita di corte ed al patrocinio dell’imperatrice, sua protettrice, mantenendo un tono vivace e leggero se paragonato a quelli dolenti e malinconici prevalenti in altre opere del periodo Heian.

La struttura

Le sezioni del Makura no Sōshi possono essere suddivise in tre diverse macro-categorie:

1. Liste (mono wa): Una delle caratteristiche distintive dell’opera sono le liste (ben 164), in cui Sei Shōnagon cataloga oggetti, situazioni, o emozioni secondo diverse tematiche. Ad esempio, liste di “cose incantevoli”, “cose che mettono a disagio”, “cose tristi” o “cose rare”.

2. Riflessioni personali: Queste sezioni offrono uno sguardo diretto nei pensieri e nelle opinioni di Sei Shōnagon, spesso esprimendo il suo apprezzamento estetico per la natura, la poesia, o commentando sugli eventi della vita di corte.

3. Aneddoti e racconti: L’autrice riporta brevi storie e episodi, spesso riguardanti l’imperatrice Teishi o altre figure della corte imperiale, descrivendo la vita quotidiana con vivacità e un tocco di umorismo.

Murasaki Shikibu

È impossibile parlare di Sei Shōnagon senza accennare alla sua grande “rivale” Murasaki Shikibubu, poetessa e scrittrice altrettanto influente del periodo Heian, nota per il so capolavoro Genji Monagatari.

Murasaki Shikibu fu a sua volta dama di compagnia di Sōshi, l’imperatrice che succedette a Teishi. Le due imperatrici erano rivali tra loro, e questa rivalità ricadde anche tra le due dame di corte. Shōshi fu designata consorte dell’imperatore nel 999, quando era ancora una ragazzina, ed entrò subito in competizione con l’Imperatrice Teishi (977-1001), che con l’affermarsi del potere dello zio Michinaga dopo la morte del padre, Michitaka (953-995), e dello zio, Michikane (961-995), vide la sua posizione a corte indebolirsi gradualmente.

Raffigurazione di Murasaki Shikibu di Tosa Mitsuoki

La personalità e lo stile delle due scrittrici era agli antipodi; Sei Shonagon era ironica, acuta, cinica e potremmo dire progressista per i suoi tempi. Non lesinava il autocompiacimento o vantare la sua conoscenza del cinese. Al contrario Murasaki Shikibu era introspettiva, modesta, riflessiva e seguiva il mono no aware.

La dama questo scriveva di Sei Shonagon:

Sei Shonagon è molto arrogante. Si crede così intelligente e dissemina i suoi scritti di caratteri cinesi, ma quando li guardi attentamente troverai molti errori. Coloro che vogliono comportarsi come se fossero superiori agli altri abbasseranno la loro reputazione. Il loro futuro sarà più luminoso?

Inoltre Murasaki ha contrastato la rivale in modi diversi: ha denigrato il genere delle sue opere e, al contrario di Shōnagon che faceva sfoggio della propria conoscenza del cinese, fingeva di non conoscerlo. Tra critiche velate e sottintese, seppe riconoscere comunque le doti della rivale e del suo poetare.

Concusione

Quello che ci ha lasciato Sei Shōnagon è un prezioso spaccato di vita imperiale visto da una prospettiva unica e raccontato con sublime arguzia e sensibilità che difficilmente ha avuto pari nella storia della letteratura giapponese.

Leggere il Makura no Sōshi significa diventare i confidenti di una dama di corte, sentire i pettegolezzi che la circondavano, riuscire a vedere scorci e scene di vita di una tepo oramai tanto lontano quanto affascinante. A distanza di più di mille anni dlla sua scrittura, l’opera mostra una sorprendente attualità; le istintualità e tutti i pregi ed i difetti dell’essere umano tornano a galla ed il lettore ben saprà specchiarsi in questo oceano di squisita poetica.

Capitoli consigliati: (da Note del Guanciale – Oscar Mondadori)

Liste:
276 – cose che procurano felicità.
29 – cose che fanno palpitare il cuore.
124 – cose vergognose (comportamento uomini).

Riflessioni:
1 – Il capitolo studiato nelle scuole giapponesi e spesso imparato a memoria dagli studenti.
282-283 (riflessioni su accostamento di colori e abiti).
317 –  Shonagon si lamenta che hanno Letto il diario e si vergogna.
63 – L’amante ideale.
73 – la stagione degli incontri furtivi.
74 – quando i paggetti si lamentano perché il padrone perde tempo.
195 – riflessioni sulla volgarità.
268 – la stranezza dell’uomo.

Aneddoti:
9 – Okinamaro (cane).
87 – Lamontagna di neve.
3 – Il capodanno (colpi di mestolo).
312 – Contadino in difficoltà.
84 – Il litigio con Tadanobu.
105 – L’arguta risposta di Sei Shonagon.

Fonti:
Wikipedia
jstor.org
gov-online.go.jp
Makura no Sōshi